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La scuola a distanza non ferma gli interruttori

 
Paolo Pinnelli

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Paolo Pinnelli

Lecce, studenti hacker modificavano i voti del registro elettronico: 7 indagati

È stato scoperto dalla Poltel un gruppo di hacker accusato di aver interrotto le tanto contestate, e però anche molto utili, lezioni a distanza di molti studenti

Mercoledì 24 Marzo 2021, 15:32

C’era una volta la telefonata anonima che, immancabilmente, annunciava: «C’è una bomba nella scuola», magari con una voce con inflessione evidentemente locale e spesso con connotazioni foniche facilmente identificabili.
Erano gli Anni Settanta e Ottanta, e le bombe non erano mai uno scherzo. Ma il “buontempone” di turno esisteva già allora. Lo scopo era quello di far evacuare la scuola per interrompere una giornata di interrogazioni o un compito in classe.

O più semplicemente, far uscire di scuola qualche ora prima tutti gli studenti di un istituto. Fortunatamente – se pure lo spavento c’era – non si è mai verificato nulla di tragico. E quando il colpevole spuntava fuori – magari sfogliando il registro e analizzando l’elenco degli assenti – le punizioni finivano per essere limitate all’ambito scolastico.

C’erano una volta questi espedienti che erano già da allora un reato, diciamolo subito e chiaramente. Oggi con la Didattica a distanza, i “buontemponi” (chiamiamoli erroneamente così) esistono ancora, anche se a scuola non si sta andando fisicamente, e si sono dovuti evolvere. Anzi, ammettiamolo, sarebbe più corretto scrivere “involvere”.

Notizia di oggi è la scoperta, e la denuncia, di un vero e proprio “commando” di hacker transregionali, che operavano in tutta Italia da Milano a Genova e fino alla Sicilia (dal Manzanarre al Reno, avrebbe scritto il Manzoni). Il gruppo è accusato di aver interrotto le tanto contestate, e però anche molto utili, lezioni a distanza, quelle, e solo quelle, che al momento consentono in tempo di Covid di mantenere un “minimo” di attività scolastica.

Con la Dad sono andate in standby le lezioni in presenza, le interrogazioni in presenza, e anche diciamo pure gli ancora più temuti compiti in classe in presenza. Quelli che per copiare bisognava crearsi le “fisarmoniche” o chiedere al compagno di banco di allargare le braccia e far vedere il compito o le soluzioni.

Oggi questo è in pausa forzata a causa della pandemia e questo ha consentito a molti di essere a casa a fare interrogazioni e compiti in classe (virtuale) tenendo magari ben in vista (nascosti dietro la webcam) appunti e foglietti, soluzioni e telefonini, e in casi “limite”, persino “suggeritori” a portata di stanza.

Nonostante questo, il virus del “copia-copia” o quello che ci portava a marinare la scuola in giorni “critici”, è restato anche e nonostante la “scuola virtuale”, la Dad.

Un vecchio virus immortale, che il nuovo (Covid 19) non ha sconfitto ed anzi lo ha affiancato creandone uno nuovissimo (lo chiamiamo Covidad?) che ha dato vita persino ad questa rete di hacker giovanissimi, studenti che riuscivano ad entrare nelle “classi virtuali” interrompendo le lezioni a distanza o, obiettivo principale, le interrogazioni e i compiti “in classe”.

I giovanissimi protagonisti, però, come ai nostri tempi, non hanno avuto vita facile né scampo: la polizia postale ha intercettato e identificato alcuni di loro, e ricostruito la “rete”, ricordando a loro, e a quanti non lo hanno ancora intuito, che il web, che appare un mondo “di mezzo” e quasi una zona franca, un’area free, tale non lo è mai. Sia quando si chatta o si fanno post sia quando interrompiamo una lezione in Dad o una interrogazione. E la lezione non è solo “virtuale”: il reato è penale e, in questi casi si è anche raddoppiato: infatti all’interruzione di pubblico servizio si è aggiunto quello di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico.

Altro che la sospensione per uno o più giorni che veniva comminata ai “buontemponi” del nostro tempo, che più spesso se la cavavano persino con un solo scappellotto. Questo sì, per nulla virtuale.

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