«Si sa ma non si dice». Sembra essere questa la parola d’ordine che paralizza le istituzioni spesso incapaci di dialogare tra loro impedendo scelte più chiare e decise sul futuro della scuola e delle famiglie fino alla fine dell’anno scolastico. Si sa delle difficoltà talvolta insormontabili nel trovare la quadra, ma non si dice come superarle. Si sa dei contagi, ma non si comunica il loro numero, così come quello degli studenti che sono tornati in classe e quelli che restano in Dad con tutte le difficoltà della didattica a distanza, e per i maturandi l’incognita degli esami. Non del tutto risolto l’affollamento sui mezzi di trasporto, spesso documentato fotograficamente, nonostante le corse aggiuntive predisposte, cui si accompagna l’insufficienza delle procedure sanitarie, non adeguate rispetto al grande movimento di persone connesso alla ripresa dell’attività scolastica. Azioni di protesta da parte degli studenti, con sit-in e scioperi rimangono fini a se stessi. Difficile e improvvisata l’organizzazione didattica.
A fronte di un numero di studenti rientrato a scuola in percentuale nettamente inferiore alla metà alla frequenza piena, l’orario di servizio degli istituti è il frutto di un equilibrio instabile e problematico. Complicato conciliare l’orario lungo con la mancanza di strutture adeguate, a partire dal servizio mensa. I docenti che utilizzano la propria connessione per la didattica digitale, si trovano spesso ai limiti delle capacità delle proprie dotazioni tecnologiche. Quanto al cosiddetto «docente Covid19», in tanti lamentano di essere senza stipendio da 5 mesi. In Puglia si ripropone l’ordinanza precedente. Nonostante ciò i contagi nella scuola sono in aumento e restano carenti le soluzioni. Si stanziano risorse per i tamponi rapidi e per i test salivari, ma la burocrazia blocca le assunzioni del personale che dovrebbe effettuarli nelle scuole. Si autorizza la didattica in presenza al 50% nelle scuole superiori, ma non si forniscono cifre sullo stato di attuazione. Secondo la Regione Puglia la didattica in presenza ha raggiunto la quota del 35% nelle superiori e del 70% nella primaria. Ufficiosamente si parla però solo del 20% degli studenti che sono tornati tra i banchi delle superiori e di un 80% che continua la didattica a distanza. Supera invece il 70% la primaria e il 50% la secondaria di primo grado. Numeri che acuiscono i problemi.
Le difficoltà nei trasporti pubblici poi non sono state superate. Nonostante il faticoso accordo tra Regione e gestori del trasporto pubblico e privato, i mezzi non sono sufficienti al fabbisogno. Risultato: mezzi pubblici affolltati di pendolari che si recano al lavoro a discapito degli studenti che rinunciano a causa dell’affollamento a prendere treni e bus. I sindacati sono sul piede di guerra. Continuano gli incontri, ma una soluzione è lontana. Roberto Calienno, segretario regionale della Cisl Scuola, sostiene che «restano inevase le richieste relative ai dati del contagio e quelli sulla didattica in presenza nonostante le ordinanze prevedano il monitoraggio e la raccolta degli stessi. Non si riesce a capire il motivo di tanta segretezza - sostiene Calienno - perchè lede il diritto di informazione principalmente in periodo di pandemia». Accuse gravi.
Quello che preoccupa di più è che a tutt’oggi il tanto decantato piano sanitario che dovrebbe mettere a disposizione delle scuole 355 unità di personale sanitario non è ancora partito e sembra non poter partire neppure nelle prossime settimane a causa di una burocrazia lenta che ne impedisce una più rapida attuazione. Solo la Asl di Brindisi ha attivato il bando per il reclutamento. Le disposizioni emanate in questo periodo di pandemia sono prescrittive e quindi indicano chiaramente quali dovrebbero essere i comportamenti anche nel mondo della scuola. L’ordinanza di Emiliano valida fino al 20 febbraio va nella direzione opposta e lascia, a studenti e famiglie, libertà di scelta. Quanto alle istituzioni scolastiche così recita la delibera: «le Istituzioni Scolastiche secondarie di secondo grado, adottano forme flessibili nell’organizzazione dell’attività didattica, in modo che l’attività didattica in modo che quella in presenza venga svolta nel limite del 50% della popolazione scolastica. A tal fine, nell’ambito della propria autonomia, le istituzioni scolastiche organizzano le attività applicando preferibilmente la percentuale ad ogni singola classe e garantendo comunque la didattica digitale integrata per tutti gli studenti le cui famiglie ne facciano richiesta».
Il ritorno alla didattica in presenza nelle scuole, così come indicato, ha destato nel personale scolastico dirigenziale e nello stesso corpo docenti, molte perplessità riguardo non solo alle eventuali responsabilità civile e penale in caso di contagio, ma anche per la stessa organizzazione della didattica. Assicurare didattica in presenza e a distanza, organizzare gli ingressi e le uscite da scuola, pensare a una nuova logistica delle aule e delle strumentazioni didattiche in queste condizioni, con il virus che non mostra segni di cedimento, è impresa ardua. Un’ordinanza da sola non può risolvere il problema, ma un maggior controllo sanitario nelle scuole può essere certo di aiuto.
Un’ordinanza non può risolvere il problema. Perché non sedersi intorno ad un tavolo e trovare insieme, politica, dirigenti, docenti e famiglie una soluzione che consenta di salvare l’anno scolastico e di valutare i ragazzi, ormai stanchi di stare davanti a un computer senza poter socializzare con i propri compagni e i propri insegnanti.