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Onofrio Pagone
05 Dicembre 2020
È questione di aggettivi. Quello usato e praticato da fonti istituzionali e sanitarie è sempre lo stesso: diverso. «Sarà un Natale diverso», ci siamo sentiti ripetere già nell’ultima decade di novembre, quando ancora non sapevamo che in verità il Natale sarebbe stato coperto da una serie di divieti: gli stessi divieti, peraltro, istituiti un mese fa proprio per poterci garantire un Natale sereno.
Ora che le carte sono scoperte possiamo capire di più. Che significa diverso? Avevamo immaginato un Babbo Natale munito di mascherina e di disinfettante per le mani; avevamo previsto le festività senza abbracci e strette di mano; avevamo ipotizzato cenoni meno affollati ma neanche tanto e veglioni contingentati sì ma comunque possibili. Invece no. Invece diverso significa blindato, chiuso, autocertificato.
L’aggettivo diverso ha varie articolazioni tra i sinonimi. La prima è difforme, poi a seguire discrepante, dissimile, distinto, disuguale. Dal latino, deriva dal verbo divertere, cioè deviare. Insomma, un Natale diverso significa un Natale che non deve avere nulla delle sue connotazioni canoniche. E infatti così sarà.
Ciò che nessun dizionario dei sinonimi, e neppure la radice latina della parola, riesce a contemplare è la traduzione effettiva e pratica di questo Natale diverso, così come si prospetta. Nel nostro caso diverso sta per virtuale.
Natale, cioè le feste, gli abbracci, i baci, le riunioni di famiglia, gli incontri con gli amici sparsi per il mondo, insomma il nostro Natale cui siamo abituati da bambini, quello dei sogni belli e dei buoni sentimenti, delle stelline e delle luci colorate, ecco questo Natale sarà in realtà virtuale.
Attenzione: virtuale non significa impossibile o immaginario, ma solo mediato. Tutto potrà avvenire comunque, anche gli abbracci, ma senza avvertire la forza di una stretta di mano, o il calore di una persona o il suo profumo. Avverrà attraverso la tecnologia, in video, online.
Questa pandemia sta facilitando il sopravvento del virtuale sul reale e sta concretizzando un paradosso: il reale sta diventando virtuale e ciò che è virtuale è percepito ormai come reale. C’è un ribaltamento sostanziale delle situazioni e delle percezioni. Siamo alla fiction totale: il paradosso è che la narrazione immaginaria, quella per capirci delle serie televisive, racconta quella che può essere la vita reale, mentre le nostre conversazioni come gli abbracci o lo scambio di auguri sono appunto virtuali, non più «in presenza» come si usa dire ormai con un efficace eufemismo.
Questo scambio tra reale e virtuale non è indolore. Non lo è per noi adulti, costretti a modificare la percezione dei contatti umani; non lo è neppure per i bambini o gli adolescenti, che stanno crescendo senza avere un altro parametro di umanità che non sia quello virtuale e mediato da telefonini e schermi vari.
Sarà un Natale più intimo, interiore e spirituale: così ci siamo già sentiti ripetere da taluni soloni subito saliti sul pulpito. Fesserie. Così come è stato per Pasqua, chi intende la festa nella sua densità religiosa sa come prescindere da tutti i fronzoli di contorno. Chi intende raccogliersi in preghiera non ha bisogno di predicazioni ulteriori e raccomandazioni istituzionali. Purtroppo invece è accaduto che persino i burocrati di Bruxelles abbiano tentato di prescrivere le regole delle messe natalizie, da seguire solo via web o in tv o alla radio: così hanno predicato, salvo tacere a fronte della levata di scudi dei vescovi francesi più che del Vaticano. Non è questione di spiritualità, insomma: il Natale diverso implica la nostra umanità, ormai mediata dal virtuale.
Anche i vertici della politica e delle istituzioni, purtroppo, in questo caso si stanno dividendo tra rigoristi e possibilisti: anche nel governo e tra le autorità sanitarie ci sono gli intransigenti e gli indulgenti. Inevitabile, perché mai come questa volta dall’inizio della pandemia ci si ritrova a sindacare sulla sfera privata della vita dei cittadini, a disporre dei tempi e delle modalità del privato e non più soltanto di ricadute economiche da salvaguardare. Qui non c’è più di mezzo il ristoro, non si tratta più di congelare le tasse ma i sentimenti, che restano un bene indisponibile della persona.
E per il singolo cittadino è labile il confine tra il sentirsi punito e il sentirsi protetto: è inevitabile che reagisca e non accetti a fronte di diritti sottratti o confermati. È come quando la mamma fa sparire le palline, gioco preferito dal suo bambino, per evitare che il bambino le metta in bocca. Fino a quando ci sentiremo puniti non riusciremo a sentirci protetti e il Natale diverso resterà irreale.
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