Settantotto. Non stiamo dando i numeri, ma sono i tamponi risultati positivi fra i lavoratori di un’azienda agricola di Polignano a Mare che hanno trasformato uno dei più begli angoli di Puglia, fiore all’occhiello del turismo dell’intera regione, in un focolaio d’infezione. In questi casi, la prudenza non è mai troppa, ma se questi sono i numeri ufficiali, è facile presumere che i potenziali soggetti da sottoporre a isolamento potrebbero essere molti di più, solo a considerare la quantità di contatti che ognuno dei contagiati può aver avuto ben al di là del posto di lavoro.
Perché la pandemia, per dirlo in maniera ancora più chiara, si diffonde come la calunnia di rossiniana memoria, è un “venticello… che alla fin trabocca e scoppia, si propaga e si raddoppia” fino a trasformarsi in una pericolosa catena di Sant’Antonio. E fa rabbia che questo ennesimo, sciagurato exploit si sia registrato proprio a Polignano a Mare, che nemmeno due mesi fa si era imposta come un concentrato di coraggio e virtù, ospitando l’edizione fisica del “Libro possibile” e dimostrando come non fosse rischiosa una ripresa in sicurezza persino delle tanto neglette attività culturali, sottoposte a regole e restrizioni che poi, non si capisce perché, non sono state imposte da subito anche a quei luoghi di svago rivelatisi invece dei micidiali volani dell’infezione.
Intendiamoci, individuare cause e responsabilità è un compito che spetta ad altri, eppure di qualcosa bisognerà farsi una chiara ragione: la fine del lockdown non è stato un “tana libera tutti” e chi lo ha pensato si è assunto la responsabilità della ripresa dei contagi, ben oltre le previsioni dei sanitari. Questo ennesimo episodio sta a ricordarci che col virus dovremo convivere a lungo e che pur senza fare ricorso al “dagli all’untore”, dovremo saper assumere – e pretendere civilmente dagli altri – atteggiamenti responsabili ancora per molto tempo. Perché se non ce ne siamo accorti, dopo i cori dai balconi, abbiamo subìto un rigurgito di irresponsabilità che ha sconfessato le teorie di quanti avevano attribuito alla quarantena la capacità di renderci migliori.
E davanti ai raduni di negazionisti – tranquilli, si ammalano anche loro – o alle migliaia di “like” che il popolo della rete ha elargito alla signora del “Non ce n’è coviddi” trasformandola in una penosa influencer, le uniche parole sagge che ci tornano alla mente sono quelle di Massimo Cacciari. Per il quale chi era imbecille (ma lui aveva usato una espressione molto più… forte) prima della quarantena, lo sarebbe rimasto anche dopo ed anzi, aveva ottime possibilità di peggiorare.
Serve un cambio di passo, allora, nella mentalità di tutti, per cominciare a capire che il virus non va in naftalina come gli abiti al cambio di stagione: ci ha colti alla sprovvista in inverno e ha dimostrato di non temere il caldo estivo. E che nell’attesa di uno sperimentato sostegno farmaceutico, il vaccino più importante sta nei nostri comportamenti, quegli stessi che non tutti hanno assunto durante i fine settimana al mare su spiagge affollate fino all’inverosimile alla faccia del distanziamento o nelle serate della movida: ritenevano che fosse sufficiente evitare Croazia, Grecia e Spagna per mettersi al sicuro? Eccoli serviti. La stagione turistica della Puglia da tutto esaurito sta volgendo al termine, ma i contagi continuano e la curva è in crescita. E forse non è esagerato dire che si è chiuso qualche occhio di troppo anche quando sarebbe stato preferibile intervenire. E sanzionare a costo di rendersi impopolari.
Il caso di Polignano la dice lunga: prima il Comune, poi un’azienda privata e non sappiamo ancora nulla di possibili reazioni a catena, ma guai a pensare che non sarebbe potuto o che non possa accadere altrove, in Puglia come in Basilicata. Non ci saranno altri lockdown, così almeno assicura il governo, ma per evitare il ricorso alle chiusure bisogna far sì che stavolta non siano i nostri comportamenti a creare danni ancora più gravi, alla salute come all’economia. Ripartiamo da Polignano, allora, nell’augurio che il paese di Domenico Modugno esca presto da questo incubo senza danni gravi. E adoperiamo le necessarie cautele: abbiamo tutti bisogno di…”Volare”.