È uscito venerdì 10 gennaio Eclissi, nuovo singolo di Gianluca De Rubertis, in cui poesia e fascino si incontrano per raccontare dubbi e contraddizioni dell’amore. Il poliedrico cantautore leccese, che ha fondato nel corso della lunga carriera diverse band dal sound unico (su tutte il duo Il Genio, con Alessandra Contini, ma anche gli Studiodavoli), è reduce dalla pubblicazione del quarto album solista, L’equazione del destino, in cui c’è anche un singolo con Dente, e con Eclissi apre un nuovo capitolo della sua vita artistica. Senza mai, tuttavia, abbandonare il palco: questa sera, infatti, sarà negli spazi di Coopera, a Putignano (ingresso gratuito), e domani a Taranto, a Spazioporto, per un appuntamento di «Cinzella d’inverno». Con lui sul palco Stefano Scuro, Paolo Provenzano e Luigi Cordella.
Come nasce Eclissi?
«In realtà è nata un po’ così, nel cuore della notte, da momenti di concatenazioni di frasi, mash-up linguistici, è una cosa che mi succede spesso, spontaneamente. Viene da sé, e non è la prima volta».
E la figura dell’eclissi, così misteriosa e affascinante, ne è sempre stato attratto?
«Anche quella si è materializzata da sola. Sono sempre stato un grande appassionato di scienza, fantascienza, astronomia. La luna ritorna spesso nelle mie canzoni, non è una novità: è una cosa che diamo per scontata, e invece è un elemento che ha grande influenza sull’essere umano. Pensiamo al fatto che alza e abbassa i livelli degli oceani, figuriamoci se non agisce anche sulla nostra piccola provetta umana, fatta per gran parte di acqua. E in questo brano si parla di un amore che sfiorisce durante l’eclissi. Mi piaceva questa atmosfera».
I suoni di Gianluca De Rubertis sono molto riconoscibili: quali ispirazioni hanno?
«Da ragazzo mi muovevo con molta più facilità all’interno delle proposte, la psichedelia, il pop svedese, tanta musica rock e italiana, con una forte base di musica classica, genere che in famiglia abbiamo sempre ascoltato moltissimo. L’ho approfondita e ne sono felice, perché è uno strato che ha dato vita a tutto».
Nato nel Salento, ma il suo successo è arrivato ben oltre i confini: tornato a vivere a Lecce, come l’ha trovata?
«Credo che il Salento sia quel posto meraviglioso da cui è necessario scappare, a un certo punto. Sono rientrato dopo vent’anni a Milano, sto riguadagnando cose che non si possono quantificare, tempo, affetti, tramonti, profumi, cose umanissime. Però c’è in giro tanta ignoranza, tendenza a pensare che sia il posto più bello del mondo, ma si potrebbe fare molto di più, con un po’ di attenzione. Ci sono tentativi, ma anche fallimenti e mancanza di voglia di fare. Chi viaggia e mette il naso fuori scopre un mondo totalmente diverso. Abbiamo posti incredibili, e sarebbero incastonati in circostanze architettoniche meravigliose, ma c’è ancora del lavoro da fare».