Sta attraversando l’Italia il Tragico Tour di Cimini, giro di palchi «stretti e sudati» che fa tappa domani, venerdì 22 novembre, all’Officina degli Esordi di Bari (opening Bebo de Lo Stato Sociale). Un appuntamento attesissimo dai fan del cantautore calabrese, che proprio domani pubblica il nuovo singolo, Lindacolei, per Garrincha 373. Un viaggio artistico partito dal brano L’Urlo e che al giorno d’oggi rappresenta un percorso non convenzionale di promozione, basato su un concetto semplicissimo: far ascoltare le canzoni dal vivo.
Federico (Cimini, ndr.), siamo a metà di un tour lungo e itinerante, come sta?
«Molto bene. Con Bari inauguro una serie di tappe al Sud, tanta gente continuava a scrivermi chiedendomi di venire qui in città. Il giro nel complesso sta andando bene, non me l’aspettavo. Anche le date nelle città più piccole sono sempre piene, ed è un orgoglio perché alla base di questo tour c’è l’idea di andare in posti dove non sono mai stato o ho suonato poco».
Il pubblico risponde bene, quindi?
«C’è una bella reciprocità, io offro loro canzoni vecchie e consolidate, insieme a brani nuovi, suonati per la prima volta, e loro ricambiano con enorme affetto, mi aspettano fuori dopo il live, è come se ci abbracciassimo. È una scommessa vinta, ho scelto di dare a questo tour una capillarità importante, gli artisti oggi difficilmente vanno a suonare in luoghi piccoli, si fa a gara a chi ha “il palco più lungo”. E invece chi ascolta si fa trasportare».
Lati positivi e negativi?
«Non è facile, per esempio, stare dietro ai social: curo tutto da solo, cerco di dare al progetto un’impressione personale. Ci sono notizie da pubblicare, e allora magari si perde tempo durante i viaggi in furgone, quando invece c’è quella bellezza di viaggiare con la tua squadra, mentre macini chilometri e ti diverti. Il lato positivo è proprio quello che si crea con il team, durante le trasferte ascoltiamo musica, ridiamo, chiacchieriamo, ci facciamo prendere dall’ansietta...».
Questo fatto di proporre canzoni anche sconosciute, domani sera ascolteremo Lindacolei proprio nel giorno dell’uscita...
«Un percorso che nasce dal basso. Venti date in due mesi, è la base di un pensiero di promozione formulato insieme ai miei manager, per staccarci da qualcosa di convenzionale ed esclusivamente digitale. Il mio tour vuole toccare le persone: esce una canzone, e quale modo migliore per farla conoscere se non suonarla?».
Ci racconta Lindacolei?
«È un brano difficile. È una persona, un nome, ma ha anche un colore nascosto. È nata per gioco: sono un grande osservatore, ho iniziato a guardare una ragazza immersa nella società di oggi, che ha la necessità di sognare a occhi aperti. Una ragazza come tante che deve attraversare la città tornando a casa da sola a piedi e viene investita dal catcalling, una ragazza che brucia la sua laurea per costruirsi una carriera. Ho preso una figura personale per parlare di qualcosa di universale, di ricerca di sé, inadeguatezza, inquietudine. È il mio modo di mettermi in discussione in un percorso che tende all’uguaglianza di genere».
Questa sensibilità che origini ha?
«Credo che ogni tipo di disuguaglianza sia uguale. Senza generalizzare, si parla di genere ma anche di razzismo, io sono nato in Calabria, l’ho sempre notato quello sguardo dall’alto in basso nei confronti miei e della mia musica. Forse oggi manca un certo tipo di educazione: io ne ho ricevuta una tale da agire sempre nei limiti e nel rispetto. Ma come Lindacolei ho capito che a volte c’è la necessità di buttarsi nel vuoto a testa alta».
Che rapporto le è rimasto con la Calabria?
«Vengo dalla provincia di Cosenza, San Lucido, sul Tirreno. La Calabria è la regione più povera d’Europa, la forza per risollevarsi dovrebbe venire dai calabresi, ma anche dalle istituzioni, che si dimostrano incompetenti su tutti i livelli. Vorrei diventare sindaco del mio paese, sono innamorato della mia terra, è una mamma che non ti giudica, ti dà gli schiaffi morali ma sa coccolarti. La mia vita si divide tra Bologna e la Calabria, quando sono da una parte mi manca l’altra».
Un percorso coerente il suo, che esula da discorsi di numeri e streaming...
«Penso che oggi conti molto l’originalità. Io sono diventato conosciuto in un periodo in cui il mio genere si sposava col cantautorato, ma ho sempre parlato in maniera vera delle emozioni, e anche un po’ dei fatti miei. Il mercato è saturo, ma l’originalità rimane e vince ancora, al di là dei numeri. Questo tour ha le sue risposte nella realtà, più che negli streaming, e a me interessa la qualità».