Mercoledì 01 Ottobre 2025 | 21:16

Melendugno, gli scavi archeologici svelano la storia dell’Abbazia italo-greca di San Niceta il Goto

 
TOTI BELLONE

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La campagna finanziata dal Comune melendugnese e dal Consorzio Interuniversitario salentino

Mercoledì 01 Ottobre 2025, 17:18

La storia dell’Abbazia italo-greca di San Niceta il Goto, patrono della cittadina di Melendugno, 10mila abitanti, e dell’area del Salento prossima al mare Adriatico che la circonda, continua ad essere svelata, grazie alla campagna di scavi archeologici, finanziata dal Comune melendugnese e dal Consorzio Interuniversitario salentino.
Oltre a polo religioso la cui valenza è ancora oggi viva, nel Medioevo, esso ha rappresentato un importante centro di gestione delle risorse agricole, le cui coltivazioni lambivano proprio il mare, ed erano così abbondanti, soprattutto in tema di grano e cereali, che chi le possedeva, doveva versare tasse tre volte superiori a quelle della più nota e più grande Abbazia di Santa Maria di Cerrate, che gestita dal Fai, Fondo ambiente italiano, oggi splende nel territorio comunale di Lecce, al confine con Squinzano e Trepuzzi.  
Oltre a resti della gestione agricola vera e propria, consistente in strutture e materiali databili a partire dall’età bizantina (X-XI secolo), ed alla successiva  età normanno-sveva, gli scavi hanno portato in superficie resti riconducibili al nucleo centrale dell’Abbazia. Si tratta di un  edificio lungo cinque metri in pietra a secco quadrangolare, all’interno del quale è una fossa granaria, in parte ancora sigillata, sul cui elemento di chiusura, anch’esso in pietra, spiccano graffiti con iscrizioni in greco, che saranno oggetto di studio da parte degli epigrafisti. Sono stati inoltre scoperti gli alloggiamenti per l’impianto di pali, che lasciano  pensare alla presenza di strutture quali tettoie, realizzate in legno.
Ma il ritrovamento più affascinante, riguarda alcune monete bizantine risalenti all’XI secolo ed in uso prolungato in età normanna, fra le quali un “denaro”  di Federico II, che risulta essere stato coniato nella zecca di Brindisi. In luce pure trenta fosse granarie, che testimoniano le non trascurabili attività di coltivazione dell’area affidata all’Abbazia,  evidentemente intesa come Monastero, che come detto, si estendeva sino alla costa. Dall’esame di uno di essi, profondo circa due metri e mezzo, è stato possibile attingere dati sulle colture praticate: e cioè, grano delle qualità tenero e duro, nonché orzo, ed allo stesso tempo, stimarne la produzione, che quasi certamente, doveva superare le 200 tonnellate. Da ultimo, è stata individuata una porzione del Cimitero abbaziale, nella quale sono state esaminate sei sepolture, il cui studio potrà presto fornire informazioni sulle genti, che tra il XII e il XIII secolo, vivevano in questo interessante polo di aggregazione di vita religiosa e civile.
Poco distante dall’Abbazia di San Niceta, in località Fanfula-Massenzio, gli scavi riguardano pure una seconda area d’indagine, che è la stessa, dove già nell’Ottocento, gli studiosi avevano collocato la parte più antica dell’Abbazia, dove per altro, è stata appurata la presenza di un insediamento d’epoca romana.
I risultati dalla campagna di scavi alla quale hanno preso parte archeologi e studenti provenienti dai Corsi di laurea e di specializzazione dell’Università del Salento, sono stati illustrati a Lecce, nella sede della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Brindisi, Lecce e Taranto, presenti il soprintendente Antonio Zunno, la funzionaria archeologa per il  Comune di Melendugno,  Antonella Pansini, il sindaco e l’assessora alla Cultura di Melendugno, unica città in Italia ad avere scelto come patrono San Niceta il Goto, Maurizio Cisternino e Sonia Petrachi, il direttore del Dipartimento Beni culturali di UniSalento, Girolamo Fiorentino,  ed il direttore scientifico degli scavi, Marco Leo Imperiale, a suo tempo affiancato da Paolo Marcato e Serena Siena. Vale aggiungere, che gli interventi nel sito importante patrimonio di età bizantina e medievale, sono stati effettuati grazie alla disponibilità del proprietario del terreno, Paolo Santoro.  
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