Scacco alla mafia del basso Salento, 18 ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite in queste ore dai Carabinieri del comando provinciale di Lecce sotto il coordinamento della direzione distrettuale antimafia a Racale e dintorni.
Smantellato il clan della Sacra Corona Unita che faceva capo all ex boss defunto Angelo Salvatore Vacca, scomparso a 55 anni ad agosto 2024.
Alcuni familiari, sodali, gregari, coloro che avevano preso le redini del clan dopo la sua morte, uniti in un'organizzazione dedita al traffico di stupefacenti con il corredo di reati annessi, sono stati assicurati alle patrie galere.
Una lunga attività di indagine, complessa, variegata, che ha seguito in parallelo in una serie di episodi criminali verificatisi nel tempo nel basso Salento, riporta oggi alla memoria un altro episodio balzato alle cronache nazionali è legato proprio tanto alle dinamiche interne quanto alle epifanie esteriori del clan.
Un anno fa, a Racale, andava in scena un funerale che ancora oggi fa discutere. Era il 2024 quando le strade principali del paese venivano attraversate da una carrozza nera, trainata da quattro cavalli, in un corteo funebre che sembrava più una parata d'onore che l’estremo saluto a un condannato all’ergastolo per omicidio plurimo: si trattava di Angelo Salvatore Vacca, ex boss della SCU.
Vacca, 55 anni, era deceduto pochi giorni prima nel carcere di Spoleto, in Umbria, a causa di una grave e fulminea malattia. La sua figura, però, era tutt’altro che romantica: la magistratura italiana lo aveva riconosciuto come esponente di spicco della criminalità organizzata pugliese, condannandolo in via definitiva al carcere a vita per una serie di efferati delitti.
Il funerale, tuttavia, sollevò un’ondata di polemiche. Il corteo solenne – con tanto di cavalli neri e una carrozza in stile ottocentesco – aveva percorso le vie principali del paese, attirando sguardi, fotografie, ma anche indignazione. Per molti, si trattò di una vera e propria celebrazione simbolica stridente con i valori della legalità e della giustizia.
A denunciare il fatto, non solo semplici cittadini ma anche rappresentanti della società civile, associazioni antimafia e autorità locali. chi parlò di “doveroso rispetto per la morte”, chi invece denunciò un segnale inquietante e retrogrado, una sorta di spettacolarizzazione del potere mafioso.
In queste ore è protagonista di un altro spettacolo, quello dello Stato che chiude i conti e vince, dopo aver percorso la strada più lunga, ma l'unica possibile, quella della legge.