BARI - Martedì 1° aprile, alle 18, al Museo Civico di Bari, alla presenza del sindaco Vito Leccese, si inaugura la mostra «Visconti, Migranti e Gattopardi», a cura di Anton Giulio Mancino, critico e storico cinematografico, costruita appositamente come “work in progress” di quella complessiva prevista per l’anno prossimo, in occasione dei cinquant’anni dalla scomparsa di Luchino Visconti. Questa edizione zero - che rientra tra le attività del progetto «Alfabeti Visivi» della cooperativa sociale «Il Nuovo Fantarca», la cui seconda edizione è cofinanziata da MIC e MIM per il «Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola» - è stata concepita scenograficamente attraverso due motivi ricorrenti che affiancano i poster rari e spesso ormai introvabili: l’ambiente domestico della casa umile dei migranti a Milano, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, che rimanda a «Rocco e i suoi fratelli» (1960), e i lavori in corso mai terminati dell’effettiva Unità d’Italia, quindi della reazione paritaria tra Nord e Sud con riferimento implicito a «Il Gattopardo» (1963).
Tra le pieghe di questi oggetti e suppellettili di impronta evocativa si sviluppano gli esemplari della ricca collezione privata del suo curatore, che comprende locandine, fotobuste, soggettoni, poster vari e manifesti (in formato due fogli), che testimoniano sulla carta l’eredità incolmabile dei due capolavori viscontiani sul piano artistico e culturale, sociologico e politico.
Grazie anche all’allestimento della designer e profuga iraniana Parisa Shahvand, al suo debutto italiano a Bari questa prova generale dell’imminente evento del 2026 assume una connotazione trasversale e geopolitica di respiro contemporaneo e internazionale: punta cioè a estendere, al di là dell’apparente effetto vintage, il discorso didattico e divulgativo all’impatto diretto e indiretto dei due film, attraverso opere grafiche e fotografiche non soltanto italiane, ma provenienti da tutto il mondo: dalla Spagna sotto la dittatura franchista come dalla Jugoslavia di Tito, dagli Stati Uniti al Libano sconvolto dalla guerra interminabile che infiamma e insanguina ancora oggi tragicamente quella porzione complessa di Medio Oriente. Grazie all’onda lunga e alle rifrazioni di queste opere, tradotte in materiale promozionale, i rispettivi film di Visconti escono dal seminato esclusivo degli specialisti per coniugare sin da questo prezioso estratto di undici giorni di aprile 2025 l’attenzione degli spettatori di tutte le età: dagli studenti agli appassionati di cinema, per il momento solo su due grandi classici del cinema italiano diretti da Visconti, come «Rocco e i suoi fratelli» e «Il Gattopardo».
Già da questi due titoli fondamentali del patrimonio artistico nazionale si comprende come le vicende e le questioni di lungo corso possano investire e trascendere il dato strettamente filmico, per investire un orizzonte a largo spettro: la questione meridionale dal secondo Ottocento, con l’Unità d’Italia e il boom economico del secondo dopoguerra, intercetta così sullo schermo evocato dai suoi surrogati cartacei, contraddizioni e snodi problematici per investire l’irrisolto rapporto tra migranti e aristocratici, stretti in un comune destino; donde la testimonianza viva, espressiva e ragionata di manifesti di tutti i formati dei due film, provenienti da ogni angolo del pianeta. Tra dittature vecchie e nuove, intolleranze e focolai bellici, remote forme di patriarcato ancora inamovibili ai danni delle donne, questi paratesti diventano testi essenziali per un ripensamento della storia del cinema come “materiale” che resiste e ostenta una forte propensione alla “verità rimproverata”.