Siamo entrati nella “stagione della febbre nei bambini (specialmente)” che non è malattia ma un segnale, una reazione favorevole dell’organismo a situazioni avverse.
Non sia allarme se la colonnina del mercurio o di altro liquido che sfrutta le capacità di dilatarsi di altri metalli (più consigliabili i termometri tradizionali o digitali) si innalzi di molto, ma un invito ad osservare se, per caso, il bimbo si presenti apatico anche la temperatura non sia molto elevata.
Chi ha febbre resti in casa dove è prudente il ricambio d'aria: eliminate le correnti, la finestra sarà meglio tenerla aperta o socchiusa.
Per abbassare la temperatura, se il bambino presenta sintomi di sofferenza, sentito il medico, si consigliano modeste dosi di paracetamolo o ibuprofene, se non vi siano precedenti reazioni allergiche. Per un bambino che, nonostante la febbre alta, si mostri vivace, si può evitare l’antipiretico e lasciare che le febbre (se al di sotto del 38° C.) faccia il proprio corso in pazienti che non abbiano sofferto, in precedenza, di convulsioni febbrili.
In caso di influenza, tonsilliti, ecc., il bimbo non deve tornare a scuola il giorno successivo alla scomparsa della febbre ma restare in casa per almeno uno-due giorni.
Si usa dire che, se dopo tre giorni, la febbre perdura, si deve obbligatoriamente ricorrere agli antibiotici. Non è vero. Se si tratta di un’affezione virale, infatti, l’antibiotico è inefficace. Piuttosto, se non lo si è fatto prima, si consulti il pediatra che deciderà in merito richiedendo eventuali esami.