La necessità di lavorare per guadagnare denaro da inviare anche alle famiglie residenti nel paese di origine, portava le vittime ad accettare qualsiasi imposizione: dagli orari di lavoro massacranti, alle retribuzioni sottocosto, alle prestazioni sessuali. Le minacce erano sempre molto pesanti: “ti licenzio”, “non troverai più lavoro”, “ti caccio dall’abitazione dove vivi”, “non ti pago”. La maggior parte dei braccianti romeni percepiva 27 euro per otto ore lavorative: non era previsto il pagamento di straordinario, nessun tipo di prestazione assistenziale, previdenziale ed infortunistica a causa dell’omessa assunzione. L’organizzazione che sfruttava la manodopera clandestina avrebbe anche avviato alla prostituzione un centinaio di donne romene.
Della banda facevano parte cittadini romeni che si avvalevano della complicità di caporali del luogo. I tre gruppi, in particolare, si ripartivano la richiesta di manodopera di una ventina di aziende agricole di Ginosa, Palagianello, Castellaneta e Massafra. E’ stato calcolato un giro di affari mensile di oltre 500mila euro.
Del primo sodalizio criminoso avrebbero fatto parte Pietro Carrieri, di 57 anni, Nicolina Pacente, di 59, Vito Carrieri, di 34, Ion Duti, di 25, Silviu Catalin Radu, di 23. Il secondo, a conduzione familiare, era composto da Vincenzo Donno, di 60 anni, Patrizio Donno, di 46, Massimiliano Donno, di 40, Daniele Donno, di 21, Angelo Perrone, di 48, Damiana Cristella, di 47, e Olga Todosi, di 39. Del terzo facevano parte Domenica Galeota, di 62 anni, e Pietro Perrone, di 51. Vittorio Urbano, di 59 anni, Irina Badarau, di 40, e un 38enne romeno (sottoposto all’obbligo di dimora) dovranno rispondere di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal gip del tribunale di Taranto su richiesta del sostituto procuratore Enrico Bruschi.
L'operazione compiuta oggi dai carabinieri, secondo il sottosegretario dell’Interno, Alfredo Mantovano, “conferma l'attenzione del sistema sicurezza al radicamento criminale in un’area cruciale qual è l’agricoltura”. La Flai-Cgil, che due anni fa ha presentato un film-documentario sulle condizioni di vivibilità nelle campagne e sui reati connessi all’attività di intermediari e caporali, oggi a maggior ragione denuncia: “esiste un sistema che sfrutta i lavoratori, froda lo Stato non pagando contributi e tasse e offende la dignità delle persone”.















