Francesco Russo
MELFI - Da ieri i lavoratori della Fca-Sata di Melfi hanno cominciato un nuovo periodo di cassa integrazione. Colpa della contrazione della domanda di mercato. Cinque cicli di stop produttivo – da oggi 3 settembre fino al 2 ottobre - che interessano complessivamente 7.469 operai (6.939 operai e 530 fra impiegati e quadri). La fabbrica lucana rimarrà chiusa inizialmente per un periodo breve: dalle 14 di oggi alle 6 di domani mattina. Gli altri quattro cicli di interruzione delle produzioni sono previsti dalle 6 dell’8 settembre alla stessa ora di lunedì 11, dalle 6 del 15 alle 6 del 18 settembre, dalle 6 del 22 alla stessa ora del 25 settembre, dalle 14 del 29 settembre alle 6 del 2 ottobre. Le organizzazioni di categoria sono preoccupate e chiedono ormai da tempo una nuova vettura che vada a sostituire la Punto, ormai a fine ciclo. Ma ad oggi non sono ancora arrivate novità dal gruppo Fca. Cresce di giorno in giorno il rischio esuberi, che riguarda principalmente i circa 1500 lavoratori assunti negli ultimi tre anni con contratti a tutele crescente in vista della produzione di 500X e Jeep Renegade, i due modelli «suv» realizzati nello stabilimento Sata di Melfi.
Le organizzazioni di categoria, ma gli stessi operai, si chiedono cosa accadrà il giorno in cui la Punto andrà definitivamente in pensione. Già da un anno a questa parte, i lavoratori addetti a quella linea finiscono spesso in cassa integrazione oppure vengono mandati in trasferta in giro per l’Italia in altri stabilimenti del gruppo. Il timore, è che una volta archiviata l’esperienza Punto - ed in assenza di un modello alternativo - quegli operai vengano impiegati sulle linee «suv», mandando in esubero un gran numero di nuovi assunti. «Il problema, ad oggi - dice il segretario della Fiom-Cgil Basilicata, Roberto D’Andrea - è che non sappiamo, al di là di alcune indiscrezioni mai confermate, quando terminerà definitivamente la produzione della Punto.
La Fca non ha mai dato chiarimenti in un confronto ufficiale. Non si fa altro che dire che finirà, ma non c’è una data. Si ipotizzava entro la fine del 2017, oggi si parla dei primi mesi del prossimo anno. Evidentemente - suggerisce il sindacalista - la Punto continua, anche se in numeri minori, ad avere ordinativi e quindi si sta aspettando ancora un po’ prima di chiudere il ciclo produttivo di quella vettura. Nel frattempo gli operai della Punto, dal momento che a Melfi si sta verificando una saturazione delle produzioni, finiscono in cassa integrazione o vengono mandati in trasferta nell’ordine delle 300, 400 unità e a seconda delle varie necessità, in altri stabilimenti italiani, come quello di Atessa». Nell’ambiente, però, restano i timori sul futuro occupazionale dei tanti nuovi assunti.
«Serve assolutamente - dice in merito D’Andrea - un nuovo modello, ma in ogni caso la strategia industriale di questa conduzione Fiat non prevede il mantenimento del segmento B. Le vetture utilitarie ormai vengono realizzate in Polonia, in Turchia, in Serbia. Si sarebbe potuto decidere, ad esempio, di produrre la nuova Tipo a Melfi e non in Turchia. Si è fatta tanta pubblicità sulle nuove assunzioni con il Jobs Act, Renzi è venuto a Melfi per fare passerella, ma ora c’è il rischio che tanti giovani si ritrovino senza occupazione».