Loreto, che ora dovrà comparire davanti al giudice dell' udienza preliminare, fu arrestato il 4 giugno 2001 - quando era sindaco di Castellaneta (Taranto) - nell' ambito di un' inchiesta coordinata dal pm di Potenza, Henry John Woodcock, con le accuse di calunnia e violenza privata. L' ex senatore tornò in libertà (dopo alcuni giorni passati agli arresti domiciliari) 15 giorni dopo, quando il Tribunale del riesame annullò l' ordinanza di custodia cautalare. Loreto era accusato di calunnia nei riguardi del magistrato Matteo Di Giorgio, in servizio alla Procura della Repubblica di Taranto, e di violenza privata per aver convinto un imprenditore - che poi ritrattò - ad accusare il magistrato.
Il 7 giugno 2003, davanti al giudice dell' udienza preliminare di Potenza, Gerardina Romaniello, in occasione della richiesta di rinvio a giudizio a carico di Loreto, Woodcock chiese al gup di sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato davanti alla Corte Costituzionale. I difensori dell' ex senatore, infatti, chiesero al gup la dichiarazione di non luogo a procedere nei confronti di Loreto esibendo proprio la delibera con cui il Senato, il 28 maggio precedente, aveva sostenuto che le dichiarazioni e i comportamenti dell' indagato rientravano nell' esercizio della funzione parlamentare ed erano perciò insindacabili. Analoga procedura per conflitto di attribuzioni è stata avviata in un altro procedimento a carico di Loreto, nel giugno di un anno fa, dal gup di Potenza, Alberto Iannuzzi. Anche in tal caso, Loreto è accusato di calunnia verso Di Giorgio. Per tale questione, la Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile il ricorso, ma non si è ancora pronunciata nel merito.
La Corte Costituzionale - con la sentenza n. 258 - ha accolto la tesi secondo cui esisteva «solo una mera e generica comunanza di tematiche» fra le interrogazioni presentate da Loreto e le dichiarazioni offensive a carico del magistrato tarantino; peraltro, la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato, il 14 maggio 2003, aveva detto di «non potere ravvisare l' insindacabilità nelle condotte poste in essere dal senatore Loreto, insindacabilità che l' Assemblea di Palazzo Madama aveva riconosciuto senza motivare». Nell' annullare la delibera del Senato, la Consulta ha ricordato che «è orientamento consolidato» che il nesso fra le dichiarazioni rese da un senatore all' esterno del Parlamento e l' esercizio da parte sua dell' attività parlamentare sussiste «ove ricorrano due elementi: il legame temporale fra l' attività parlamentare e l' attività esterna, di modo che questa assuma una finalità divulgativa della prima; la sostanziale corrispondenza di significato tra opinioni espresse nell' esercizio di funzioni parlamentari e atti esterni, non essendo sufficiente nè una mera comunanza di argomenti nè un mero contesto politico cui esse possano riferirsi».