Sabato 06 Settembre 2025 | 02:21

Riti a Taranto, via al primo atto con i «perdoni» in cammino /LA DIRETTA

 
Valentina Castellaneta

Reporter:

Valentina Castellaneta

La prima posta del Giovedì Santo varca il portone del Carmine, dando ufficialmente inizio ai Riti della Settimana Santa

Giovedì 28 Marzo 2024, 15:03

15:04

TARANTO - Sono soli, ma pregano per tutti. La prima posta del Giovedì Santo, varca il portone del Carmine, dando ufficialmente inizio ai Riti della Settimana Santa tarantina.

Sono 63 le coppie di “perdoni” che spalla a spalla, scalzi, con l’abito di rito e il cappuccio sul volto si recano in pellegrinaggio verso gli altari della reposizione delle chiese della città vecchia e del borgo di Taranto. Da Piazza Fontana alla Chiesa di San Francesco, le poste fanno sentire la loro presenza silenziosa alla cittadinanza. Sono 45 coppie di penitenti carmelitani che oltrepassano lentamente il Ponte Girevole verso l’isola, le altre 18 restano invece nel borgo umbertino. Dieci minuti prima dell’inizio del loro cammino il padre spirituale, monsignor Marco Gerardo, dà loro un’indicazione di preghiera legata all’attualità della città o del Paese, perché nel loro peregrinare, oltre alle loro preghiere personali, si uniscano alla invocazione corale per la comunità.

Il “cammino del silenzio”, come lo ribattezzò lo studioso e già priore del Carmine Nicola Caputo segnerà il tempo di questi giorni. L’attuale priore, Antonello Papalia, lo ha definito il gesto più semplice, spontaneo e genuino che i perdoni fanno: andare a coppie di confratelli in adorazione. Uno dei pochi riti che la comunità tarantina è riuscita a conservare nel tempo. Un rito antico che risale all’epoca in cui gli altari della reposizione venivano ancora chiamati “sepolcri”, e i perdoni entravano ad adorare il corpo di Cristo. E ancora oggi, nonostante la tecnologia e la velocità e nonostante gli alteri vengano oggi in modo quasi festoso, la tradizione tarantina continua a chiamarli sepolcri. Forse per ricordare il gesto che ogni anno a Gerusalemme avviene dopo la santa messa in “coena domini”: dopo la lavanda dei piedi, infatti, l’eucaristia viene infatti deposta nel santo sepolcro proprio a ricordare il momento in cui il nazareno fu adagiato nel luogo messo a disposzione da Giuseppe di Arimatea.
Ma non è l’unico gesto rimasto nella ritualità tarantina.

Le poste, infatti, una volta entrati nella chiesa da visitare, scoprono il capo posando il cappello nero con nastro blu, dietro le spalle e, continuando a nazzicare, cioè a sospingere i passi con quel lento e incessante dondolio, i perdune si avvicinano al sepolcro e lì compiono un altro gesto che risale a secoli addietro: lo chiamano «u salamelicche». Dopo una genuflessione, i confratelli incrociano le braccia: le mani che stringono il rosario con le medaglie e la mazza bianca del pellegrino, si avvicinano in un abbraccio fino a stringersi sulle spalle. Il suono delle mazze che battono sul pavimento e il tintinnio delle medaglie diventa l’annuncio del rituale che si sta compiendo.
Risvegliando la memoria degli anziani e affascinando i più piccoli.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)