BARI - Più di un anno passato in una cella di alta sicurezza, poi - da marzo - i domiciliari in un appartamento di Parabita. Ma nonostante i 15 mesi trascorsi in custodia cautelare, Giacomo Olivieri è apparso in buone condizioni quando ieri mattina è spuntato in Tribunale dove era atteso nel processo Immoberdan in cui è imputato per bancarotta fraudolenta.
Olivieri, 63 anni, non tornava a Bari da febbraio, quando è stato ascoltato nel processo Codice Interno. A maggio 2024 (a tre mesi dall’arresto) era stato interrogato dal procuratore Roberto Rossi e dai pm della Dda di Bari. Ieri ha avuto qualche ora di permesso per lasciare i domiciliari e partecipare all’udienza in cui poi non è stato nemmeno ascoltato: parlerà il 15 ottobre. Ma chi lo ha incontrato lo ha trovato sorridente e - apparentemente - rilassato.
Essendo ai domiciliari, non può parlare con nessuno né tantomeno rilasciare interviste. Ma con i suoi avvocati, Gaetano e Luca Castellaneta, Olivieri ha mostrato un certo ottimismo. Anche dopo l’udienza per il crac Immoberdan in cui è stato sentito un consulente della difesa. «Finalmente - ha commentato l’ex avvocato ed ex consigliere regionale - sta venendo fuori la verità sui fatti di cui mi accusano». Parole che possono essere lette anche con riferimento alla vicenda di Codice Interno, in cui Olivieri ha offerto al gup la sua verità. Per l’ex legale la Dda ha chiesto una condanna a dieci anni per voto di scambio politico-mafioso ed estorsione: la difesa ritiene di aver dimostrato che si è trattato, in realtà, solo di comune corruzione elettorale, perché Olivieri non aveva intenzione (né sapeva) di trattare con i clan mafiosi baresi.
Da marzo dunque Olivieri vive in un appartamento di Parabita. Lì è stato autorizzato a ricevere le visite della moglie e dei figli. La novità è che a fargli compagnia, da qualche giorno, c’è un cagnolino. «Mi sento un po’ meno solo», ha detto ai suoi avvocati che sono gli unici con cui può parlare. E con i quali ieri si è trattenuto brevemente anche al termine dell’udienza.
In aula Olivieri ha ascoltato, annuendo e commentando con i suoi legali, la testimonianza del suo consulente, il commercialista Francesco Ardito. L’esperto, rispondendo alle domande dei difensori dell’imputato e poi della pm Bruna Manganelli, ha spiegato ai giudici (presidente del collegio Marco Guida) l’intero iter che ha portato alla nascita - a dicembre 2010 - e poi al fallimento - a marzo 2018 - della Immoberdan. Una società di scopo costituita, ha riferito il consulente, «per realizzare un grosso progetto edilizio» a Japigia. Il tecnico ha analizzato i documenti societari, i contratti di acquisto dei suoli, i due successivi business plan presentati alle banche, la Popolare di Vincenza e la Popolare di Bari, per ottenere i finanziamenti necessari all’investimento e la convenzione sottoscritta nel 2013 con il Comune di Bari che dava il via libera al piano di lottizzazione: 29mila metri quadri su cui costruire sei palazzi. Mancava solo il permesso di costruire subordinato al pagamento degli oneri quando il progetto si è arenato. In mezzo la bonifica del sottosuolo dagli inquinanti rilevati nell’area, dove un tempo sorgevano opifici dismessi, il cui costo di circa 10 milioni di euro avrebbe costretto gli imprenditori a rivedere al rialzo gli impegni di spesa.
E poi, punto cruciale del processo penale che è costato a Olivieri l’accusa di bancarotta, la consulenza legale affidata a lui del valore di 2,7 milioni di euro. «In una operazione così complessa - ha spiegato Ardito - fatta di trattative e relazioni, il valore di una consulenza legale è legato al valore del progetto, che in questo caso si aggirava sui 100 milioni di euro». Non sarebbe stata quindi quella consulenza, peraltro già inserita nel business plan, a mandare in bancarotta la società, che «a dicembre 2014 - ha concluso il commercialista - aveva debiti, ma anche un attivo circolante di rimanenze di 39 milioni». Indebitamento che, ha rilevato l’avvocato Castellaneta in chiusura di udienza sintetizzando le ultime parole del consulente, «non costituiva una criticità, ma uno strumento dell’investimento»