Giovedì 20 Novembre 2025 | 15:54

Brindisi, scoperta maxi-frode sul «finto Made in Italy»: sequestrate 42 tonnellate di passata di pomodoro VIDEO

Brindisi, scoperta maxi-frode sul «finto Made in Italy»: sequestrate 42 tonnellate di passata di pomodoro VIDEO

 
Redazione online

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Controlli congiunti tra Dogane, Guardia di Finanza e ICQRF bloccano due carichi provenienti dalla Bulgaria con etichette false. Denunciati i titolari delle aziende destinatarie: rischio inganno per i consumatori e danni alla salute

Giovedì 20 Novembre 2025, 14:20

Nell’ambito delle attività di vigilanza negli spazi doganali del porto di Brindisi, i funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, insieme ai finanzieri del Gruppo Brindisi e agli ispettori dell’ICQRF Puglia e Basilicata, hanno portato a termine due significative operazioni di sequestro che hanno bloccato l’ingresso sul mercato di una presunta frode agroalimentare.

Durante i controlli di routine sui passeggeri e sui mezzi provenienti dalla Grecia, l’attenzione degli operatori è ricaduta su due camion bulgari. Entrambi trasportavano un semilavorato del pomodoro, una passata destinata a due imprese italiane note per la commercializzazione di prodotti presentati come ottenuti da materia prima nazionale. Una pratica che, se portata a compimento, avrebbe potuto generare profitti illeciti per centinaia di migliaia di euro, ingannando i consumatori e, potenzialmente, mettendone a rischio la salute in caso di presenza di contaminanti vietati dalla normativa europea.

Nonostante la documentazione commerciale indicasse correttamente l’origine bulgara, l’ispezione fisica ha rivelato un dettaglio determinante: etichette applicate sulle confezioni con la dicitura “Country of origin – Italy”. Un espediente volto a simulare un’origine italiana del prodotto, sfruttando il valore del marchio Made in Italy.

Alla luce delle irregolarità riscontrate, gli operatori hanno proceduto al sequestro di oltre 42 tonnellate di passata di pomodoro. I rappresentanti legali delle aziende destinatarie sono stati segnalati alla Procura della Repubblica per il reato di falsa indicazione di origine, previsto dall’articolo 517 del Codice penale e richiamato dall’art. 4 comma 49 della legge 350 del 2003.

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