ANDRIA - I carabinieri hanno arrestato ad Andria sei persone accusate di aver fatto parte di un gruppo che per mesi avrebbe messo a segno furti, rapine e riciclaggio dei mezzi rubati. In quattro sono finite in carcere e due agli arresti domiciliari. Rispondono a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al compimento di furti, rapine e riciclaggio di veicoli. Le misure cautelari sono state disposte dal gip del tribunale di Trani su richiesta della procura.
L’indagine è stata denominata Raptor, ovvero Rapace, per le modalità messe in campo dal gruppo. Gli accertamenti investigativi sono iniziati nel dicembre dello scorso anno.
«Abbiamo compiuto uno sforzo ciclopico di controllo del territorio per contrastare l’attività degli indagati che si sono rivelati un gruppo organizzato, spregiudicato e pronto a tutto per di portare a termine i furti e le rapine pianificate». Così, il comandante provinciale dei carabinieri di Barletta - Andria - Trani, il colonnello Massimiliano Galasso ha definito, nel corso della conferenza stampa a Trani, l’attività delle sei persone arrestate ad Andria con l’accusa, contestata a vario titolo di associazione per delinquere, rapina, furto e riciclaggio nell’ambito dell’inchiesta denominata Raptor.
Quattro degli indagati sono in carcere, gli altri due ai domiciliari, tutti sono di Andria. Si tratta di Massimo Grillo di 51 anni, Nicola Sgaramella di 48 anni, Pietro Moschetta di 45 anni, dei 50enni Vincenzo Lombardi e Riccardo Zingaro e Giovanni Terlizzi di 39 anni. Una organizzazione retta da tre di loro che decidevano e pianificavano i furti e le rapine da compiere, gli altri invece avrebbero avuto compiti legati alla logistica oppure «erano vedette che avvisavano del possibile arrivo delle forze dell’ordine», ha spiegato il colonnello.
L’indagine durata tre mesi, da dicembre 2023 al marzo scorso, ha permesso di accertare che il gruppo sarebbe responsabile di una rapina ai danni di una azienda di trasporti di Andria, di tre furti messi a segno a Matera, Trani e San Benedetto del Tronto, di uno tentato a Trani e del riciclaggio di un trattore stradale risultato rubato. Nel loro mirino finivano per lo più mezzi pesanti e macchine operatrici. «Una refurtiva del valore di oltre 400mila euro che abbiamo recuperato», ha chiarito il maggiore Paolo Milici responsabile del Nucleo investigativo dei carabinieri Bat. «Tre le possibilità di uso dei mezzi rubati - ha puntualizzato Galasso - la restituzione alla vittima previo pagamento di una somma di denaro, la vendita su mercati paralleli e l’ultima consiste nell’incendiarli». «Questi sono reati che incidono sull'economia legale perché togliere un mezzo d’opera a una impresa vuol dire non solo bloccare la produzione ma anche perdita di posti di lavoro», ha sottolineato Galasso.
FERITI ANCHE ALCUNI CARABINIERI
I tre mesi di indagine dell’inchiesta Raptor che ha portato all’arresto di sei persone ad Andria, sono stati «anche pericolosi per noi perché alcuni carabinieri, nel corso degli inseguimenti sono rimasti feriti. Ecco perché chiediamo ai cittadini di collaborare perché non sempre vi è una fiducia nelle forze dell’ordine. Questa operazione dimostra che il fenomeno si può contrastare e sconfiggere». Lo ha detto il comandante provinciale dei carabinieri di Barletta - Andria - Trani, colonnello Massimiliano Galasso, a margine della conferenza stampa indetta per fornire dettagli sul gruppo finito in manette e accusato a vario titolo di associazione per delinquere, rapina, furto e riciclaggio.
«Le modalità di movimento sul territorio erano sofisticate: si tratta di un gruppo ben organizzato che si muoveva anche preventivamente con dei sopralluoghi senza mai lasciare qualcosa al caso. Hanno curato con attenzione anche le comunicazioni usando un linguaggio piuttosto criptico, che è stato poi decifrato dai militari del Nucleo investigativo», ha continuato il tenente colonnello Ferruccio Nardacci, al vertice del reparto operativo del comando provinciale dei carabinieri Bat, per chiarire come i sei indagati agivano sul territorio.
L’inchiesta Raptor, coordinata dalla procura di Trani, ha evidenziato che il gruppo avrebbe usato «a ridosso delle azioni delittuose e dei preliminari sopralluoghi da compiere, reti telefoniche dedicate e apparecchi radio portatili», ha aggiunto il tenente colonnello. Dalle intercettazioni è emerso che per indicare un’arma da fuoco usavano anche il dialetto: «scatt sciann» per indicare l’arma da fuoco, «toc toc» per i telefoni, "chiacchiaraul» per le ricetrasmittenti, «cornut» per gli inibitori di frequenza, «maciste» per il trattore stradale e «la gatta» per l’auto da usare per la fuga. Il colpo ai danni dell’azienda di trasporti andriese sarebbe stato violento e fulmineo: in tre, coi volti coperti, sono entrati nella ditta, hanno sfondato la porta dell’ufficio del custode che è stato minacciato, per poi prendere i contanti in cassa e un mezzo meccanico, e scappare. A testimoniarlo, sono stati i video registrati dalle telecamere di videosorveglianza dell’impresa.