Questione di giorni, forse di ore. Mentre i partiti compulsano i risultati calabresi, in una corsa tutta interna al centrodestra, la vera incognita rimane l'intesa, ancora da chiudere, per le candidature delle tre regioni chiamate al voto nel mini-election day di novembre. Gli occhi sono tutti puntati su Giorgia Meloni, che, si augurano i più ottimisti, dal salotto di Bruno Vespa - di cui sarà ospite nell’anniversario dell’attacco di Hamas a Israele - potrebbe annunciare qualche nome. Almeno il Veneto, quella che fino a qui è stata la più spinosa delle questioni.
Le interlocuzioni «sono continue», assicurano i bene informati, mentre lei sui social plaude al successo della coalizione e di Roberto Occhiuto in Calabria. Gli elettori "riconoscono il buongoverno» e «confermano» il governatore uscente, osserva la premier in un messaggio che, letto in controluce veneta, potrebbe lasciare intendere che allora anche lì sarà confermato lo status quo. Ma a sera nessuno si spinge a dire che si sia sbloccato quel «50-50» di possibilità che arrivi un via libera a una candidatura leghista per succedere a Luca Zaia o che, viceversa, facendo valere il suo peso elettorale, la candidatura non vada invece a Fratelli d’Italia. Tutti negano che la vera contropartita sia la legge elettorale, con superamento dei collegi uninominali in favore del proporzionale con premio di maggioranza, di cui pure molto si è parlato nelle ultime settimane. Poco cambierebbe anche per la Lega, dice chi si sta occupando sottotraccia del dossier, visto che i collegi sarebbero assegnati sulla base delle percentuali, oggi molto lontane da quelle del 2022. In gioco c'è anche la navigazione del governo di qui alle politiche, visto che sul territorio la Liga ribolle, ha sostanzialmente approntato le liste e aspetta solo l’ufficializzazione di Alberto Stefani per far partire la macchina della campagna elettorale. Il vice di Matteo Salvini, infatti, rimane il nome per il dopo-Zaia in casa Lega.
Di qui a qualche giorno, comunque, tutti sono convinti che si scioglierà la riserva anche su Campania e Puglia. I leader in effetti si incontreranno mercoledì ma per concentrarsi unicamente sulla manovra assicurano tutti. Ed è possibile, a questo punto, che non sarà un vero e proprio vertice a sdoganare tutti i nomi. Restano però pure nelle due regioni date di fatto per perse le distanze tra alleati. Per la Campania prima del fine settimana sembrava chiusa sul meloniano viceministro agli Esteri, Edmondo Cirielli. Ma gli azzurri storcono il naso, prima ponendo la questione delle dimissioni dal governo per rimanere in Regione anche in caso di sconfitta. Poi rilanciando l’opzione del candidato «civico», forti anche del risultato calabrese che mostra come le elezioni si vincano «al centro». E civico dovrebbe essere, nonostante i malumori in questo caso leghisti, il nome da schierare per la «mission impossible» contro Antonio Decaro. In Puglia la scelta dovrebbe ricadere su Luigi Lobuono, imprenditore che nel 2004 da presidente della Fiera del Levante già era sceso in campo per la corsa a sindaco di Bari. Battuto da Michele Emiliano, all’esordio in politica.