Le idee e l’impegno di Eva Duarte Perón partirono sempre dal suo corpo. E dal quel corpo comincia Santa Evita, storia di una morte e di una sepoltura impossibili. Perché la salma della Primera Dama argentina diventa il luogo sacro in cui si incontrano i miti peronisti e le ossessioni dei generali. Il luogo di un mistero, quello del suo furto e della sua sparizione. Madonna dei poveri dentro abiti rigorosi, muore come Cristo a soli 33 anni. A ucciderla è un cancro all’utero, a perpetuare la sua bellezza è un medico spagnolo che la trasforma in reliquia seguendo le volontà del consorte. Ma il colpo di Stato del 1955 rovescia il regime peronista e costringe Juan Perón a lasciare il Paese con le amate spoglie.
Imbalsamata con una tecnica rivoluzionaria ed esposta nella sede della CGT, il potente sindacato dei lavoratori che alimentava il suo culto, Eva viene sequestrata, profanata, «replicata» e dislocata per due decenni da un branco di soldatini feticisti incaricati del suo trasporto e della sua sepoltura. Uno su tutti, il colonello Koenig, incarna l’amore folle e necrofilo per un corpo che la nazione reclama e Natalia Oreiro abita con la sua plasticità algida. Viva o morta, irradia lo schermo come Kim Novak nella vertigine hitchcockiana. È una finta bionda, una silhouette fragile eppure potentissima. Ma è il punto di vista della morte sulla vita che cerca Rodrigo García (Six Feet Under). «Eva no duerme» e come il peronismo resta reale. Impulso scopico e immagine persistente della politica argentina. Del resto, il primo gesto dell’attuale presidente è stato quello illuminare di nuovo il suo monumento. In onda su Disney+, Santa Evita segue l’erranza di un corpo politico e della sua impossibile scomparsa.