Giovedì 09 Ottobre 2025 | 17:47

Taranto, la rabbia dei Tamburi per l'emergenza medici

 
federica pompamea

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federica pompamea

Taranto, la rabbia dei Tamburi per l'emergenza medici

I residenti disperati per i prolungati disagi: «Ci hanno abbandonati». C’è chi è andato in pensione senza sostituzione, altri si sono trasferiti

Giovedì 09 Ottobre 2025, 16:14

«Ci hanno abbandonato, nessuno si preoccupa della nostra salute». In queste parole c’è la rabbia e anche l’orgoglio di un quartiere ferito che lotta con emergenze complesse e chiede più attenzione per i servizi essenziali. Tra le ciminiere che sfiorano i balconi e l’odore acre della fabbrica, gli abitanti dei Tamburi continuano a convivere con una doppia emergenza: quella ambientale e quella sanitaria. Chiedono medici di famiglia, merce rara non solo qui. Ma è qui che questa emergenza brucia più che altrove.

Nel solo comune di Taranto si contano 28 posti vacanti di medicina generale, su un totale di oltre 54 in tutta la provincia. A Tamburi, il vuoto è ancora più pesante: molti medici sono andati in pensione senza sostituzione, altri si sono trasferiti, lasciando intere famiglie senza punti di riferimento per un servizio essenziale e garantito da un diritto costituzionale.

Il nuovo poliambulatorio di quartiere, pensato per ospitare ambulatori di medicina generale, pediatria, vaccinazioni e diagnostica di base, rappresenta un passo importante ma ancora insufficiente. Mancano all’appello almeno dieci medici di base e la situazione si aggrava per i pediatri, ormai ridotti a poche unità.

Una carenza che grava sul lavoro dei pochi professionisti rimasti, spesso oltre il limite del massimale: «Arriviamo a gestire anche 1.600 pazienti, contro i 1.500 previsti», spiega la dottoressa Rita Racugno, medico di uno studio associato nel rione. «Ma il vero problema – aggiunge – non è solo numerico. Spesso questi pazienti portano con sé un malessere profondo, che non si cura con una ricetta. Hanno bisogno di ascolto, di fiducia, di essere considerati cittadini come tutti gli altri, di avere pari dignità».

Secondo i dati Istat e Regione Puglia, nella circoscrizione Tamburi–Lido Azzurro vivono tra 16 e 18 mila persone, una popolazione composta in gran parte da anziani e giovani famiglie con bambini. Molti rinunciano alle visite di controllo perché impossibilitati a spostarsi. «Serve un medico di fiducia – racconta Giuseppe – qualcuno che conosca prima la persona e poi la malattia».

C’è chi, come Giuseppina, moglie di un malato di sclerosi multipla, deve attraversare mezza città per una semplice prescrizione. «Lascio solo mio marito, ormai allettato, con la paura che possa accadere qualcosa mentre sono via», racconta con la voce rotta.

Nel quartiere simbolo della fragilità tarantina, dove la salute è già minata dalle polveri rosse dell’acciaieria, la carenza di medici appare come un’ulteriore forma di disuguaglianza.

A confermarlo è anche la dottoressa Idilia Di Giorgio, in servizio ai Tamburi da tre anni: «Il problema è anche culturale: su chi vive qui pesa un pregiudizio. Non tutti i colleghi scelgono di lavorare in un contesto così complesso, dove a volte veniamo insultati perché non prescriviamo il farmaco che il paziente si aspetta».

Le nuove regole sulla trasparenza delle prescrizioni e sul controllo della spesa sanitaria, spiega la dottoressa, impongono limiti precisi: «Ogni indicazione deve essere tracciata e giustificata. Ma spesso lo stesso concetto va spiegato due o tre volte alla stessa persona. È un lavoro di mediazione, oltre che di cura».

Una fatica quotidiana che logora i professionisti e alimenta nei cittadini un senso di abbandono. «Andrai via anche tu?» è la domanda che la dottoressa si sente rivolgere ogni giorno.

E forse in quella domanda c’è tutto il dramma di un quartiere che da decenni chiede non solo attenzione, ma vicinanza e comprensione. Perché agli abitanti dei Tamburi non serve soltanto una prescrizione: serve qualcuno che si prenda cura di loro, fino in fondo. Con coraggio e abnegazione.

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