I cittadini dei Tamburi, quartiere di Taranto tristemente noto per la sua prossimità con le ciminiere dell’ex Ilva, non chiedono solo bonifiche. Chiedono medici. Tra le polveri rosse dell’acciaieria e le case che ne assorbono ogni giorno i veleni, la vita di chi abita ai Tamburi resta sospesa tra emergenza ambientale e carenza di un servizio essenziale come quello del medico di base. Un quartiere, questo a ridosso di una delle aree più inquinate d’Italia, simbolo di un territorio che ancora fatica a garantire diritti elementari: aria pulita e assistenza sanitaria.
Le ciminiere dell’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia, allungano la loro ombra sulle finestre delle abitazioni. È qui, tra vecchie ordinanze di divieto di giocare per strada e raccomandazioni per i «wind day», che la bellezza di una comunità popolare tra le più coese di Taranto convive con la fragilità di un territorio segnato da un’eredità industriale ingombrante.
Secondo le elaborazioni di Istat e Regione Puglia, nella circoscrizione Tamburi–Lido Azzurro vivono tra 16 e 18 mila residenti, una popolazione composta in larga parte da anziani e famiglie giovani con figli piccoli. Qui l’indice di natalità, secondo fonti Asl, è il più alto della città. Una comunità che, oltre a fare i conti con le ricadute delle polveri, affronta anche un altro tipo di scarsità: quella di medici e – soprattutto – di pediatri, figure indispensabili in un quartiere dove la salute è ogni giorno un esercizio di resistenza.
I dati epidemiologici parlano chiaro. I rapporti del progetto Sentieri dell’Istituto Superiore di Sanità, insieme alle analisi di Arpa Puglia e della Asl Taranto, segnalano un eccesso di mortalità e di incidenza tumorale nella popolazione residente, in particolare per tumori polmonari e malattie respiratorie.
Il quartiere Tamburi è considerato da anni una «zona sentinella»: l’esposizione prolungata a polveri sottili, diossine e benzene è associata a un aumento di patologie croniche e a una vulnerabilità maggiore nei soggetti più fragili: bambini, anziani e persone con malattie pregresse.
La provincia di Taranto registra da tempo una delle più gravi carenze di medici di base in Puglia: oltre 54 posti vacanti secondo le stime più recenti, 28 solo in città. Molti medici di famiglia hanno lasciato il quartiere perché andati in pensione e mai sostituiti, o perché trasferiti altrove. Prima del Covid se ne contavano una ventina, oggi sono poco più della metà. Una situazione di estremo disagio che costringe i residenti del quartiere a spostarsi per chilometri anche per una semplice prescrizione. O, peggio ancora, a gravare sui pochissimi medici del servizio di continuità ambulatoriale – la cosiddetta Guardia Medica – anche solo per semplici prescrizioni. All’appello ne mancano almeno 10. La situazione peggiora per i pediatri. Nel quartiere si contano sulle dita di mano e avanza pure il resto.
Per gli anziani soli e le famiglie con bambini piccoli, spostarsi è spesso impossibile. Così, per molti, la visita di controllo diventa un lusso, e la prevenzione un concetto astratto. Chi si ammala si rivolge al pronto soccorso o alla guardia medica, aggravando un sistema già in affanno.
La situazione è diventata insostenibile da un anno a questa parte, tanto che era stata denunciata con forza già nel settembre del 2024 dall’allora sindaco Rinaldo Melucci, che in una lettera indirizzata al direttore generale della Asl Taranto, Gregorio Colacicco, con oggetto «Quartiere Tamburi. Criticità in tema di assistenza sanitaria. Carenza di medici di famiglia e di pediatri», scriveva parole che oggi suonano come una fotografia ancora attuale:
«Da diverso tempo giungono numerose segnalazioni di carenza di medici di famiglia e pediatri nel quartiere Tamburi. Molti medici hanno studi lontani rispetto alle abitazioni dei residenti. Il quartiere è popolato da molti anziani e da tanti bambini che, non potendo spostarsi con mezzi propri o pubblici, rinunciano alle visite di routine. Questa situazione costituisce un potenziale rischio per la loro salute e comporta un maggior ricorso ai pronto soccorso già oberati di lavoro».
L’ex sindaco concludeva la lettera chiedendo alla direzione della Asl di potenziare il servizio di medicina generale e pediatria, valutando anche «l’integrazione delle strutture private già esistenti nel nuovo Accordo Regionale sulle Aggregazioni Funzionali Territoriali». Parole che mettevano nero su bianco un’urgenza sociale: quella di restituire ai Tamburi un presidio minimo di assistenza, accanto al diritto – ancora lontano – a respirare aria salubre.
La Asl Taranto ha riconosciuto ufficialmente l’esistenza di «zone carenti» di pediatri e di medici di medicina generalenel comune e ha pubblicato nuovi avvisi pubblici per la copertura degli incarichi. In parallelo, la Regione Puglia ha avviato la riorganizzazione dell’assistenza primaria con l’attivazione delle cosiddette «Aft», ovvero le Aggregazioni Funzionali Territoriali, entrate in vigore il 1° luglio 2025, per garantire una copertura h12 e una maggiore prossimità dei servizi ai cittadini. Sei sono quelle previste per Taranto.
Nel quartiere Tamburi è previsto l’avvio di un nuovo poliambulatorio, con spazi per medicina generale, pediatria, vaccinazioni e diagnostica di base. Ma gli operatori sanitari avvertono: la struttura, da sola, non basta. Servono professionisti che scelgano di lavorare stabilmente in un contesto difficile, dove la medicina di prossimità è una missione prima ancora che un mestiere. Il destino dei Tamburi è scritto nel paradosso delle due emergenze, una ambientale e una sanitaria: da una parte le polveri che si posano sui balconi e nei polmoni; dall’altra, la distanza dai medici che dovrebbero curarne gli effetti. Un quartiere che continua a chiedere attenzione e rispetto, dove la salute non può più essere una variabile negoziabile. E dove, forse, ogni decisione sulla riconversione industriale e sulla sanità territoriale dovrebbe cominciare da un punto preciso della mappa di Taranto: via Orsini, via Lisippo, via Machiavelli. Cuore dei Tamburi. Cuore di una città che chiede di poter tornare a respirare. In tutti i sensi.