«Ho visto quello con la pistola alle mani che aveva ucciso mio fratello, gli ho tolto la pistola, gli ho dato mazzate e l'ho sparato». È una confessione involontaria quella resa da Michele Caforio, 35enne tarantino fermato con l'accusa di omicidio e tentato omicidio dopo il far west avvenuto mercoledi sera al rione Tamburi di Taranto. Sono stati gli investigatori della Squadra mobile di Taranto, guidati dal vice questore Luigi Vessio e coordinati dai pm Salvatore Colella della procura ionica e Milto De Nozza dell’Antimafia di Lecce: il delitto di Carmelo Nigro, per gli investigatori, è avvenuto con modalità mafiose e soprattutto è l'epilogo di una serie di tensioni nate per il controllo della piazza di spaccio delle “case parcheggio”. Ma a Caforio, difeso dall'avvocato Pasquale Blasi, come detto, è contestato anche il tentato omicidio di Michael Pio Nigro, figlio della vittima raggiunto da tre colpi di pistola fortunatamente in parti non vitali.
Tutto è cominciato, secondo quanto emerge dal decreto di fermo, da un diverbio per lo smercio di stupefacenti nella zona: il gruppo legato a Nigro avrebbe provato a «umiliare» gli avversari, incontrandoli pubblicamente in strada e minacciandoli con una pistola, ma soprattutto offendendo il loro prestigio criminale indicandoli come «morti» o «falliti»...