TARANTO - Rischiano di finire a processo i tre imprenditori finiti nell'inchiesta condotta dai carabinieri sulla presunta turbativa d'asta di una gara d'appalto da 22 milioni di euro al Porto di Taranto. È quanto emerge dalla richiesta di rinvio a giudizio firmata dal pubblico ministero Salvatore Colella dopo le indagini sul maxi appalto per i «lavori di rettifica, allargamento ed adeguamento strutturale della banchina di Levante del Molo San Cataldo e della calata 1 del Porto di Taranto» bandito dall'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio (estranea alla vicenda).
Sotto accusa, infatti, ci sono Eugenio Rainone, 49enne quale co-amministratore della società "Rcm Costruzioni srl" aggiudicataria della gara, e poi il 73enne Claudio Paccanaro ex amministratore unico del “Consorzio Stabile Alveare Network” e infine Vincenzo Cintura, 52enne palermitano dipendente del consorzio: l'accusa nei loro confronti è di essersi adoperati «con mezzi fraudolenti per turbare la regolarità della procedura ad evidenza pubblica diaffidamento dei lavori» e «con intese e collusioni» avrebbero indotto alcune società appartenenti al Consorzio Stabile Alveare Network a negare il proprio consenso affinchè la società concorrente «Doronzo Infrastrutture» potesse utilizzare il proprio volume di affari grazie all'istituto del cosiddetto «avvalimento». L'indagine dei militari, coordinata all'epoca dal pm Maria Grazia Anastasia, infatti, nasce proprio da un esposto della Doronzo srl che dopo essersi classificata prima è stata esclusa dall'Autorità Portuale sulla base di una serie di documenti prodotti, secondo l'accusa, dalla Rcm. In sostanza, la Doronzo srl, aveva indicato il consorzio come una sorta di partner per raggiungere quei requisiti richiesti dal bando e che da sola la società non avrebbe potuto raggiungere. Per gli investigatori dell'Arma, i tre imputati avrebbero sostanzialmente convinto i vertici di alcune società consorziate a rifiutare quell'accordo per impedire l'aggiudicazione. Nelle carte dell'inchiesta, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Taranto scrivono che, in parole povere, l'obiettivo degli indagati era «screditare, nei confronti dell'Autorità di Sistema Portuale di Taranto», il Consorzio Stabile Alveare Network in modo da rendere inutilizzabile l'avvalimento e quindi estromettere Doronzo Infrastrutture. Azioni che avrebbero prodotto i loro risultati dato che l'Autorità Portuale di Taranto, sarebbe stata indotta in errore al punto «da sottrarre - si legge nei documenti dell'inchiesta - l'assegnazione dell'appalto al legittimo assegnatario, che dalle procedure di gara risultava essere la Doronzo Costruzioni, per affidarlo alla Rcm Costruzioni».
L'obiettivo, come detto, secondo l'accusa sarebbe stato raggiunto con il raggiro dei vertici di tre società consorziate che una volta interrogate dai militari dell'Arma hanno spiegato i dettagli della vicenda e solo con il senno di poi hanno compreso quale fosse realmente l'obiettivo delle richieste che gli venivano poste da Rainone, da Paccarato oppure da Cintura. Gli autori hanno tessuto le fila per «veicolare i contenziosi tra il Consorzio Stabile Alveare Network ed alcune società consorziate per minare la credibilità ed attendibilità dello stesso agli occhi della Stazione Appaltante costituita presso l'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio, condizionandone la libertà di giudizio, nell'assegnazione dell'appalto bandito». Danneggiare l'immagine di affidabilità del consorzio, di conseguenza «ledeva – scrivono ancora gli inquirenti - l'interesse legittimo, tanto della Doronzo Infrastrutture che della Pubblica Amministrazione, in vantaggio della Rcm Costruzioni».