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Taranto, blitz «Mare Nostro»: «Così la coop Nereide copriva gli affari illeciti del clan Scarcia-Scarci»

 
Francesco Casula

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Francesco Casula

Taranto, blitz «Mare Nostro»: «Così la coop Nereide copriva gli affari illeciti del clan Scarcia-Scarci»

Il Riesame conferma la natura mafiosa del clan Scarcia-Scarci: «Per pescare le paranze pagano in denaro o offrono una parte del pescato»

Lunedì 10 Febbraio 2025, 06:00

TARANTO - La coop «Nereide» è «la vestizione legale» per le «pratiche di taglieggiamento» compiute dal clan Scarci-Scarcia nei confronti di pescatori. È quanto scrive il tribunale del Riesame di Potenza nelle motivazioni con le quali ha confermato le misure cautelari agli indagati. Il dispositivo fu depositato a novembre scorso, ma le 226 pagine che contengono le ragioni per le quali il collegio ha accolto in pieno le ricostruzioni della pubblica accusa. È stato notificato alle parti solo alcuni giorni fa.

Il provvedimento, visionato dalla Gazzetta, conferma innanzitutto la natura mafiosa dell’associazione che estendeva il controllo sulle acque tra Taranto e il litorale metapontino e dettaglia come il gruppo abbia messo in pratica quell’egemonia: «per poter esercitare il diritto alla pesca – scrivono i giudici - nello specchio d’acqua controllato dalla consorteria, a partire dalle 3 miglia marine, le paranze devono pagare un prezzo in denaro» oppure «consegnare una parte del pescato ai clan. Trasgredire a tale ordinativo espone le paranze ad atti intimidatori e violenze, nel tempo manifestatisi anche con l’uso delle armi, obbligando le paranze a pescare oltre i dieci passi». E questo giro illecito sarebbe stato coperto dalle attività apparentemente legali della cooperativa: «Sebbene in apparenza – si legge negli atti - la Cooperativa appaia come una realtà imprenditoriale spinta da legittimi interessi economici - quali il commercio del prodotto della pesca - e persegua anche iniziative di promozione e di sensibilizzazione della comunità sulla salvaguardia della flora e della fauna marina, in realtà è da ritenersi un segnale del raggiungimento di un superiore livello organizzativo perché di fatto permette agli Scarci di Scanzano jonico e agli Scarcia di Policoro la vestizione legale delle pratiche di taglieggiamento, palesando per la prima volta la convergenza dei due organismi nel perseguimento di finalità univoche». Non solo. I magistrati anche di «l’irrilevanza di tutte le iniziative — di sensibilizzazione o di denuncia alle autorità — al fine di escludere il reale obiettivo perseguito con la creazione della Nereide, che infatti continua ad esistere nonostante sia sempre in perdita».

La realtà è che «per poter esercitare il diritto alla pesca nello specchio d’acqua controllato dalla consorteria, a partire dalle 3 miglia marine, le paranze devono pagare un prezzo in denaro, ovvero consegnare una parte del pescato ai clan. Trasgredire a tale ordinativo espone le paranze ad atti intimidatori e violenze, nel tempo manifestatisi anche con l’uso delle armi, obbligando le paranze a pescare oltre i dieci passi».

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