TARANTO - Sono due le condanne chieste dalla pubblica accusa nei confronti di altrettanti imputati, una donna 46enne e il fratello 47enne, entrambi di Ceglie Messapica, finiti a processo con l’accusa di aver falsificato un biglietto del Maxi Miliardario nel 2013 per portarsi a casa un jackpot da 10 milioni di euro. Un raggiro arrivato, secondo la procura, a un passo dall’incasso: i due imputati, infatti, assieme al 51enne di Martina Franca condannato in abbreviato, si erano presentati dal notaio per mettere al sicuro il bottino depositando il Gratta e Vinci che una volta arrivato alla commissione incaricata di controllare le vincite della Lotteria nazionale è risultato essere contraffatto mandando quindi in frantumi il sogno di diventare milionari e procurando ai tre una denuncia per tentata truffa, falso e ricettazione. Durante l’udienza la pubblica accusa ha chiesto una pena a 3 anni di carcere per entrambi.
A rispondere alle domande, dinanzi al giudice Tiziana Curci, è stata per prima la 46enne, confermando che quel giorno assieme al 47enne, entrambi assistiti dall’avvocato Donato Muschio Schiavone, erano andati in un tabaccaio per acquistare 4 biglietti e tentare la fortuna: quando hanno capito poi di non aver vinto per soli due numeri, hanno prima strappato i tagliandi, ma poi ci hanno ripensato. Tornati a casa, infatti, hanno avuto l’idea applicare lo scotch e unire i pezzi giusti.
Ricostruzione confermata anche dal fratello della donna, che ha poi aggiunto di aver cercato l’aiuto nell’amico 51enne per rendere il bluff più credibile: il tarantino, infatti, secondo i due imputati, si era incaricato di mettersi personalmente in contatto con un notaio e fissare ì l’appuntamento a cui i tre si sono presentati per depositare il Gratta e Vinci contraffatto. Un tentativo anche goffo stando a quanto si legge negli atti dell’inchiesta partita subito dopo la segnalazione alla magistratura: i tre pugliesi avevano infatti incollato sul loro biglietto «sfortunato» i numeri vincenti nella sezione del «Maxi bonus» che consente di vincere fino a dieci volte il premio. In buona sostanza, ciò che i due brindisini hanno confermato in aula è che il biglietto è stato nelle loro mani ino alla consegna dello stesso al 51enne: una versione che se accolta dal giudice, potrebbe far decadere il reato di ricettazione, unico capo di imputazione ancora in piedi perché non andato prescritto. Nelle udienze precedenti era stato ascoltato un tecnico della Lotteria Italia che ha spiegato che i controlli di autenticità sono affidati a una società americana depositaria degli algoritmi associati ad ogni matrice. Il perito ha poi aggiunto che anche stracciando il tagliando in più pezzi, l’algoritmo permette di risalire alla combinazione che ogni singolo biglietto prevede e che dunque è impensabile, anche per i più creativi e ingegnosi, provare a farla franca e superare le verifiche per incassare il jackpot milionario.