TARANTO - Rischiano di finire a processo 5 uomini, di cui quattro della provincia di Matera e uno di Bari, con l’accusa di stalking nei confronti una tarantina di 45 anni affetta da problemi di natura psichica. Una vicenda che secondo la procura ionica aveva assunto i contorni di una vera e propria persecuzione ai danni della vittima: dalle immagini intime ai fotomontaggi porno condivisi all’interno di gruppi di whatsapp per denigrarla e insultarla, fino ad arrivare a inserirla all’interno delle chat incriminate per accanirsi contro di lei coinvolgendo anche il figlio minorenne.
Un inferno cominciato nel 2023 e che secondo la pubblica accusa si era spinto fino alle sassaiole in strada al passaggio della donna e agli insulti per la sua disabilità. Fatti che avevano spinto la vittima, esasperata, a chiedere l’aiuto delle forze dell’ordine.
Sono cinque, come detto, le persone di età compresa tra 30 e 50 anni, assistiti dagli avvocati Pierluigi Morelli, Gianvito Mantarano e Filippo Cataldo, che devono difendersi dell’accusa di atti persecutori: a gennaio del prossimo anno, infatti, dovranno comparire all’udienza preliminare che si terrà dinanzi al giudice Fulvia Misserini.
Gli episodi contestati agli imputati dal pubblico ministero Francesca Colaci sono stati ricostruiti dalla stessa vittima che ha ripercorso l’intera vicenda in sede di denuncia ai carabinieri. Nel febbraio dello scorso anno ai militari dell’Arma, infatti, la tarantina aveva raccontato di aver provato a fermare da sola i suoi presunti stalker: aveva bloccato quei numeri telefonici che l’avevano inserita ripetutamente nelle chat in cui lei era oggetto del loro divertimento, nella speranza di poter uscire da quell’incubo. Senza però riuscirci, perché ad ogni utenza telefonica messa in blacklist, ne spuntava una sconosciuta che riusciva a inserirla ancora una volta in quella piazza virtuale in cui, come detto, venivano condivisi fotomontaggi in pose volgari, foto intime trasformate in «meme» inviate e diffuse ad altre persone, sempre accompagnate da feroci offese alla sua persona e alla sua condizione di invalidità.
La 45enne, che si è costituita parte civile nel procedimento attraverso l’avvocato Domenico Cantore, ha poi spiegato alle forze dell’ordine che quella situazione aveva coinvolto suo malgrado anche il figlio minorenne: in diverse occasioni, infatti, le immagini denigratorie erano state inviate persino al numero di cellulare del minore. Non solo. Sempre secondo la ricostruzione dell’accusa, nelle occasioni in cui gli imputati avevano incrociato la vittima, non si erano limitati a “sfotterla” o insultarla, ma erano arrivati a lanciarle pietre al suo passaggio. Insomma, un’odissea che aveva portato la donna a non uscire più di casa e a temere per la sicurezza di suo figlio.
Una storia per cui, come detto, la procura ha chiesto il rinvio a giudizio dei cinque imputati e su cui sarà il giudice Misserini a decidere se mandarli a processo oppure proscioglierli dalle accuse.