TARANTO - Intere aree sotterranee completamente allagate da sostanze oleose che potrebbero essere finite anche nella falda. È finito sotto sequestro l'impianto in disuso «Bra 2» dell'ex Ilva di Taranto, l'area nella quale fino agli anni '90 venivano prodotte le bramme d'acciaio. Sono stati i carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Lecce nelle scorse settimane, durante un'ispezione, a scoprire i sotterranei di quell'area abbandonata ed ad accorgersi che nei locali interrati, dove un tempo si trovavano gli impianti necessari per mandare avanti la realizzazione dei prodotto d'acciai, ora c'era migliaia di metri cubi si liquidi denso di cui al momento non si conosce né la natura né la provenienza. Ma soprattutto non è chiaro in questo momento se quelle sostanze sono penetrate nel terreno danneggiando la falda sottostante.
Ed è per questo che i pubblici ministeri Mariano Buccoliero e Francesco Ciardo hanno aperto un fascicolo di indagine contro ignoti contestando il reato di gestione di rifiuti non autorizzata e firmato un decreto di sequestro dell'intera area. Nel documento visionato dalla Gazzetta, i magistrati scrivono che nella zona «Bra 2 era presente una fossa contenente materiale oleoso di ognota consistenza e provenienza», ma soprattutto che in quegli ambienti si trovavano «condotte di rimozione, trasporto e smaltimento del rifiiuto». Nel loro provvedimento inoltre, i due inquirenti scrvino che è necessario porre i sigilli sull'ex «Brammificio» per accertare con esami tecnici la «natura, la consistenza e la pericolosità del materiale stoccato», Non solo. Gli accertamenti che la procura dovrà commissionare dovrà inoltre cercare di fare luce su eventuali responsabili diq eusta vicenda: nell'atto infatti si legge che gli investigatori dovranno anche ricercare «tracce del reato riconducibili a indagati allo stato da verificarsi».
Una vicenda, insomma, ancora tutta da sviluppare e da approfondire, ma che stando a quanto apprende Gazzetta, è una storia comunque nota non solo all'interno della fabbrica. La situazione dell'ex bramminificio, infatti, sarebbe stata nel corso degli anni segnalata diverse volte, ma in realtà non si è mai giunti a una soluzione. Potrebbe essere stata quindi anche l'incuria accumulata negli anni causa di quanto scoperto dai miliatri del Noe. Ed è proprio questo che l'indagine dovrà tentare di scoprire.
Europa Verde-Verdi provincia di Taranto: ennesimo sequestro nell’area protetta ILVA
“Gestione di rifiuti non autorizzata” è il reato contestato dalla Magistratura tarantina a seguito di un' ispezione dei Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Lecce. I Magistrati tarantini hanno disposto, quindi, l’ennesimo sequestro di un’area del siderurgico di Taranto.
La notizia pubblicata oggi sulla Gazzetta del Mezzogiorno con un articolo di Francesco Casula, per noi ecologisti della provincia di Taranto, non è una novità: sono anni che denunciamo, con comunicati, conferenza stampa e con esposti depositati in tribunale quanto è emerso oggi.
Lo stesso ambientalista e giornalista Luciano Manna è sotto processo per calunnia per aver denunciato, quattro anni fa, quanto oggi riportano le cronache.
Fino ad oggi, le nostre informazioni erano ufficiose, noi di Europa Verde-Verdi della provincia di Taranto, abbiamo sempre ipotizzato che quell’azienda non si è mai dedicata solo alla produzione di acciaio, infatti, siamo sempre più convinti che l’area del siderurgico, in realtà, sia una gioiosa “area protetta” con l’unico scopo di favorire la distruzione dell’intero territorio, dell’intera città di Taranto, dell’intera provincia di Taranto.
I dubbi restano nel ricordare tutti i decreti “salva Ilva e salva dirigenti Ilva” per confermare quel particolare “interesse nazionale” per il siderurgico di Taranto.
Come Europa Verde-Verdi della provincia di Taranto, proponiamo, ancora una volta “Il piano Taranto”, presentato nel 2013 in Parlamento: ovvero chiusura del siderurgico, bonifica dell’intera area, dei territori e delle falde contaminate negli anni dall’inquinamento ed, infine, una riconversione ecologica dell’economia provinciale per una decisiva ed etica crescita dell’occupazione. Ricordiamo che i fondi europei tra i quali il Just Transition Fund possono sostenere il cambiamento e tutelare tutti, abitanti, lavoratori e imprenditori onesti.