TARANTO - «Lo devi tenere legato due mesi senza farmaci… lo devi portare… lo devi far mangiare, fare la pipi e la cacca». È il 29 settembre 2023, in un bar di Taranto uno dei più noti imprenditori tarantini siede al tavolino con un membro della famiglia Scarci travolta dal blitz «Mare Nostro» della Dda di Potenza perchè accusata di aver costituito una federazione mafiosa insieme al ramo lucano della famiglia, gli Scarcia, e con questi aver dominato la pesca nel tratto di mare tra il capoluogo ionico e la costa metapontina nel Materano. Ma non solo. Secondo l’Antimafia il gruppo gestiva anche le attività commerciali, le assunzioni, la riscossione di tangenti e la gestione della security nei locali e negli eventi. E dalle carte, ora, spunta anche un altro settore in cui gli Scarci era considerati affidabili.
Ignari di essere ascoltate dagli investigatori, infatti, quelle due persone al tavolino discutono di un tema particolarmente delicato: i problemi di droga del figlio dell'imprenditore e l'ipotesi di sequestrarlo per salvarlo da quella dipendenza.
Nelle carte dell'inchiesta, gli inquirenti scrivono che l'imprenditore e i suoi familiari «visto il rifiuto opposto dal giovane a far ricorso alle cure presso una comunità terapeutica» avevano deciso di chiedere aiuto al clan Scarci che già in passato aveva offerto i suoi servizi a un professionista che si trovava nella stessa condizione...