Il Tribunale del Riesame di Taranto ha annullato la misura interdittiva di 12 mesi nei confronti di Stefania Baldassari, ex direttrice del carcere ionico e attulamente vice provveditore dell'istituto barese, accusata di truffa e falso nell'inchiesta «Pandora». Il collegio di magistrati, presieduto dal giudice Alessandro de Tomasi, ieri ha depositato l'atto con il quale ha accolto la richieste presentata dalla difesa dell'indagata. È stato l'avvocato Emidio Attavilla, difensore di fiducia di Baldassari, ha rendere nota la decisione della magistratura con una nota inviata alla stampa nella quale ha spiegato di aver eccepito «l’insussistenza degli elementi posti a sostegno» dell'ordinanza firmata dal gip il 9 settembre scorso e «ha disposto il suo annullamento e, per l’effetto, la cessazione della predetta misura intedittiva della sospensione dalle sue funzioni di Vice Direttore del Carcere di Bari».
Nella stessa nota l'avvocato Attavilla ha fatto sapere che i giudici del Riesame hanno annullato anche il decreto di sequestro del valore di 6mila euro, somma che è stata dissequetsrata e restituita alla Baldassari.
Bisognerà attendere il deposito delle motivazioni per comprendere le ragioni alla base dell'ultimo provvedimento e capire se i giudici hanno annullato l'interdizione per mancanza di esigenze cautelari oppure per la mancanzi dei gravi indizi di colpevolezza nei cofnrotni della donna.
Il reato di truffa è stato contestato prima dal pm Milto De Nozza della dda di Lecce e poi dai pm Antonio Natale e Vittoria Petronella della procura ionica, perché l'ex direttrice avrebbe attestato falsamente all’amministrazione penitenziarie di aver svolto attività correlate alla carica di consigliere comunale, fu infatti candidata sindaco per il centro destra nel 2017 e non eletta, assentandosi dal lavoro anche se, stando agli accertamenti, alle commissioni non avrebbe nemmeno partecipato. In parole più semplici, secondo l’accusa, la donna dichiarava di essere in Comune, ma per le Fiamme Gialle non ci sono documenti che possano provarlo. Non solo. Baldassari avrebbe fatto registrare ore di presenza al lavoro mentre si trovava in realtà altrove: la difesa, nell'udienza al Riesame, ha sostenuto che una normativa consentiva alla donna di svolgere il proprio lavoro anche fuori dal suo ufficio.