GINO - Braccianti extracomunitari costretti a lavorare in condizione di sfruttamento tra le campagne di Ginosa, sottopagati e talvolta retribuiti “in nero” e nascosti all’arrivo dei carabinieri: sono accusati di caporalato a cui dovranno rispondere in 10 persone che ora rischiano di finire a processo.
«Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro» è l’accusa che pesa ora sulle teste di nove degli imputati mentre per il decimo e altri due imputati la contestazione è anche di favoreggiamento per aver aiutato gli imprenditori a nascondere i lavoratori all’arrivo degli investigatori e aver offerto risposte nel tentativo di avvantaggiare le persone sotto accusa. Per tutti i dieci coinvolti è stato il sostituto procuratore Salvatore Colella, a margine delle indagini preliminari, a chiedere il rinvio a giudizio.
Da quanto emerso nelle carte dell’inchiesta condotta dai carabinieri del Nil, Nucleo ispettorato del lavoro, a beneficiare della manodopera dei braccianti sfruttati sarebbero principalmente due imprenditori ginosini. Si tratta del 59enne Castria Domenico e di suo fratello Antonio, di 55 anni: entrambi sono indicati nelle carte dell’inchiesta come amministratori della società “Special one srl”, che dal 2018 al 2019, per l’accusa, ha assunto cittadini extracomunitari facendoli lavorare con paghe sproporzionate rispetto alle ore e alla mansione svolta. I salari, come detto, erano talvolta pagati in nero oppure solo in base alla produzione ottenuta, indipendentemente dalle ore lavorate.
La manodopera, secondo gli inquirenti, è stata “fornita” da alcuni complici: Lawrence Chibuike, Naas Riadh, Ioan Magureanu, Muhammad Mubashar, Salah Naes, che hanno reclutato costantemente «attraverso un canale illecito di intermediazione» gli stranieri in difficoltà per farli lavorare nei campi.
In questa attività illecita, i due imprenditori sarebbero stati aiutati anche da alcuni dipendenti dell’azienda che all’occorrenza gestivano il rapporto tra i caporali e i due fratelli, andando anche a prelevare i lavoratori per portarli nei campi dove era necessario provvedere alla raccolta o ad altre attività. Sono il 24enne Andrea Ruggieri e il 76enne Graziuccio Spinelli, entrambi residenti a Ginosa, che come dell’azienda agricola accusati ora di aver partecipato assieme ai Castria. Anche su di loro pesa l’imputazione di favoreggiamento per aver nascosto i braccianti durante una prima ispezione dei carabinieri del Nil ed evitarne l’identificazione. Con i due, in questa circostanza, anche Gian Battista Cardinale, 42enne di Laterza ha tentato di eludere i controlli sui cittadini stranieri da parte delle forze dell’ordine.
Dopo le ispezioni dei militari dell’Arma, sono partite anche le intercettazioni: l’attività investigativa ha permesso di portare alla luce il business basato sullo sfruttamento di donne e uomini bisognosi.
I lavoratori stranieri erano costretti a sottostare a quel giogo per riuscire a rimanere in Italia oppure per inviare soldi alle famiglie nei loro paesi di origine o ancora per ottenere un permesso di soggiorno grazie al contratto lavorativo: alcuni di loro potranno chiedere di costituirsi parte civile attraverso l’avvocato Claudio Petrone, legale della Flai Cgil Taranto.