TARANTO - «Bene quanto fatto sinora dal ministro Urso» e «quanto restituito, con azioni concrete e quotidiane, dai referenti della gestione commissariale, ma adesso, sull'ex Ilva, serve completare l'opera. Portare a definizione il lavoro iniziato nei mesi scorsi. Segnare una netta discontinuità con il passato e le sue molteplici incongruenze». È quanto chiede Aigi, l'associazione che rappresenta le imprese dell'indotto siderurgico, al Governo Meloni. «Farlo per Taranto, città sempre sospesa lungo il crinale di uno sviluppo produttivo precario e, sovente, incerto - chiede Aigi circa la prosecuzione del lavoro intrapreso per l'ex Ilva -. Farlo per il Paese intero che, senza la sua industria siderurgica, rischia di perdere la specifica peculiarità di seconda economia manifatturiera d'Europa». Secondo le imprese dell'indotto, «il nuovo bando di assegnazione a soggetti privati, eventualmente interessati a rilevare l'ex Ilva, dovrà prevedere requisiti tali che scongiurino il reiterarsi della storia recente; e, il suo tramutarsi, in farsa. Basta caldeggiare soluzioni pasticciate, inadeguate, rivelatesi alla fine peggiori del problema stesso, come quelle andate in scena con la gestione dei franco-indiani di Arcelor Mittal».
Secondo Aigi, «lo Stato, chiunque dovesse essere il nuovo acquirente della fabbrica, conservi quote azionarie di minoranza che possano fungere da garanzia - e clausola sociale - per l'area jonica, le sue imprese, la totalità dei lavoratori impegnati (sia quelli diretti che indiretti). Per raggiungere questi obiettivi - sostiene Aigi -, per segnare una svolta reale e non di mera facciata, bisognerà dotarsi di un piano industriale degno di questo nome. E in grado di raccogliere le sfide lanciate dalla modernità al tempo presente. Capace, altresì, di coniugare il fabbisogno di acciaio in Italia, che quest'anno ha fatto già registrare con i suoi 24,4 milioni di tonnellate sin qui prodotti un balzo in avanti del 4,8% rispetto al 2023, per un fatturato complessivo pari a 60 miliardi di euro, con la sostenibilità ambientale e la sicurezza sui luoghi di lavoro» conclude l'associazione delle aziende dell'indotto dell'acciaio.
Il piano di ripartenza del Gruppo Acciaierie d’Italia Spa in As presuppone il riconoscimento del ruolo chiave del management. Su questa base, intanto, si è svolto l’altro giorno a Roma, l’incontro tra la governance di Acciaierie d’Italia Spa in AS e i suoi Commissari straordinari, e la delegazione di Federmanager, rappresentata dal Direttore generale Mario Cardoni, dal coordinatore della commissione Siderurgia, Paolo Bonci, e dal rappresentante della sede di Taranto, Michele Conte. «Le scelte organizzative che l’Amministrazione straordinaria sta portando avanti dimostrano la giusta attenzione verso la dirigenza del Gruppo in una fase delicata della procedura di vendita. Responsabilizzare le funzioni e rinsaldare le competenze dei manager di tutti i siti produttivi rappresentano il miglior investimento che si possa fare per garantire un futuro all’azienda», ha commentato il direttore generale di Federmanager, Mario Cardoni.
"La situazione che è stata ereditata a febbraio scorso era estremamente difficile, con gli impianti fermi, malridotti, in molti casi pregiudicati. A distanza di pochi mesi, possiamo confermare che sono stati fatti passi avanti considerevoli per rendere l’azienda appetibile sul mercato. Di questo va dato merito anche alle persone che ci lavorano», ha aggiunto Cardoni. «Non solo ribadiamo l’importanza della tenuta occupazionale del Gruppo, ma ci mettiamo anche a disposizione dei Commissari, della Direzione generale e della Direzione risorse umane di Acciaierie d’Italia per supportare la valorizzazione delle competenze presenti in azienda», ha aggiunto.