TARANTO - Riflettori accesi sulle affermazioni dell'arcivescovo di Taranto, monsignor Ciro Miniero, ieri a proposito della vertenza del Siderurgico. «Ci aspettiamo risposte chiare, definitive e non un’alternanza di sensazioni che creano solamente disorientamento e sconcerto nel cuore dei lavoratori e delle persone delle nostre terre». Aveva affermato ieri mons. Ciro Miniero durante il programma il Mondo alla Radio su Radio Vaticana. «Siamo lasciati sempre soli, cioè è come se il problema di Taranto appartenesse solo a Taranto - ha continuato Miniero - Se l'acciaio è una risorsa importante per l’Italia, per l’Europa e mi sembra che la fame di acciaio aumenti, di anno in anno. Perché non va affrontato questo problema a livello nazionale, a livello europeo? Ma la questione non si risolve mettendo in conflitto città, ambiente, cittadini, perché poi gli unici a pagare sono proprio i cittadini che in qualche modo si sentono anche rassegnati dinanzi a questa situazione».
Ancora: «se l’Europa l’acciaio se lo procura nei paesi orientali praticamente fa un danno a sé stessa. L’Oriente in qualche modo è riuscito ancora di più dell’Europa a trasformare ciò che era scarto in risorse, lo vediamo in Giappone. Perché questo non può venire anche in Italia? Perché non può venire anche a Taranto? Perché non produrlo utilizzando la tecnologia di oggi e facendo in modo che qui si creano anche di altri poli tecnologici che aiutano poi a questo cambiamento, a questa transizione verso un mondo sostenibile». «Non c'è alternativa a quella fabbrica a Taranto. - concludeva Miniero -. La chiusura sarebbe veramente una catastrofe, che significherebbe non pensare al bene di una comunità che è stata formata a questo».
I CONSIGLIERI COMUNALI «ESTERREFATTI E SBIGOTTITI»
«Dinanzi alle dichiarazioni sull'ex Ilva rilasciate dall’arcivescovo di Taranto Mons. Ciro Miniero restiamo letteralmente esterrefatti e sbigottiti» il commento odierno dei consiglieri comunali Massimo Battista ("Una città per cambiare Taranto") e Luigi Abbate ("Taranto senza Ilva"), entrambi candidati sindaco alle amministrative del giugno 2022, riferendosi alle dichiarazioni rilasciate ieri dall’arcivescovo a Radio Vaticana. Miniero ha affermato, tra l’altro che «non c'è alternativa a quella fabbrica». Per i due consiglieri è un’espressione «che dimostra un’assoluta chiusura mentale in considerazione del fatto che evidentemente ignora che Taranto ha infinite risorse naturali e storiche che invece dovrebbero rendere la nostra città libera e non più schiava dell’acciaio. Dio, per chi è credente, ha creato il mare, il sole e la terra, non certo l’acciaio».
Battista e Abbate contestano anche il passaggio in cui il vescovo sostiene che «la chiusura sarebbe veramente una catastrofe».
Mons. Miniero, obiettano i due consiglieri, «non vede o non vuol vedere che la catastrofe è già in atto da decenni, ci riferiamo alla strage dei tarantini ammalati di cancro e morti a causa di quello stabilimento. Ma la catastrofe non attiene solo alla vita e alla salute, riguarda anche l’aspetto economico: parliamo di stipendi che non arrivano neppure a 1000 euro al mese».
Infine, Battista e Abbate non condividono l’affermazione dell’arcivescovo per cui «la comunità è stata formata a questo». Per mons, Miniero, concludono i due consiglieri, «i tarantini dunque sarebbero degli "schiavi" predestinati alla produzione dell’acciaio. Dunque, un peccato originale, una condanna irreversibile cui la comunità tarantina deve soggiacere. Siamo credenti ma non ci riconosciamo in questa Chiesa».
MONS. MINIERO «EQUIVOCATE LE MIE PAROLE»
«Sento la necessità di intervenire a seguito dell’interpretazione di una recente intervista. La mia posizione quale vescovo di Taranto in merito alla vicenda del siderurgico non si discosta dalla via maestra che è stata segnata dalla Laudato sì di papa Francesco: sviluppo sostenibile e cura del Creato». Così l’arcivescovo di Taranto Ciro Miniero in merito a polemiche sollevate da due consiglieri comunali e da associazioni ambientaliste a proposito di sue dichiarazioni sull'ex Ilva rilasciate ieri a Radio Vaticana. «A volte le parole - spiega Miniero - di una conversazione non rendono con chiarezza i pensieri. Specie quando ho detto che "la comunità è formata per questo" non volevo assolutamente esprimere un fatalismo circa il destino della città e la conseguente impossibilità di un cambiamento. Tutt'altro. Volevo semplicemente dire, e spero che si percepisca la bontà del mio pensiero, che Taranto, la nostra comunità, costituita di fatto intorno alle sorti dello stabilimento siderurgico, ha diritto a ricevere risposte certe». La situazione «in merito allo stabilimento siderurgico - aggiunge l’arcivescovo - ha assunto nel tempo sempre più i tratti della drammaticità. Se da un lato viene ribadita la strategicità dello stesso per il Paese, dall’altro sono solo la città di Taranto e i suoi cittadini a soffrirne l’impatto economico e ambientale».
Monsignor Miniero si dimostra preoccupato per gli esiti della vertenza ex Ilva. «Registriamo con preoccupazione l'indisponibilità di ArcelorMittal ad accettare ora l’aumento di capitale del socio pubblico fino al 66%. Avremmo salutato con favore il possibile maggior impegno dello Stato in Acciaierie d’Italia e ci saremmo altresì augurati che questo fosse stato sensibile proprio in virtù di quella strategicità nazionale che richiede la condivisione dei doveri quanto dei diritti. E quel che attendiamo sono risposte chiare e definitive in merito ai diritti dei lavoratori e agli impegni con essi assunti».
«Auspichiamo investimenti certi - osserva ancora - in merito al processo di ambientalizzazione dell’acciaieria; auspichiamo che riprenda con rinnovata energia il processo di bonifica del territorio». Miniero evidenzia l’aspetto economico della vicenda ex Ilva considerando che «da anni - osserva - migliaia di lavoratori vivono nell’incertezza per il proprio reddito. I numeri della cassa integrazione sono impressionanti e le aziende dell’indotto non vedono riconosciuti i propri crediti e rischiano la definitiva cessazione dell’attività». Poi c'è la questione ambientale: «è di pochi giorni fa - rileva il presule - l’ennesimo episodio di slopping e ricorrenti sono le denunce delle associazioni ambientaliste».
Quanto alla trattativa tra Stato e multinazionale, l'arcivescovo fa presente che «numerose a suo tempo furono le perplessità espresse da vari settori cittadini e non solo in merito alla cessione ad ArcelorMittal dello stabilimento, perplessità che purtroppo hanno trovato fondamento nel tempo. Nel caso dell’accordo tra le parti, difficile ad oggi, dati gli esiti dell’incontro a Palazzo Chigi, auspichiamo che eventuali prossimi futuri partner vengano valutati con attenzione, attenzione che - conclude - la città tutta, legata com'è al destino del siderurgico, pretende e che attende non senza preoccupazione».