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Ilva di Taranto, ecco gli indennizzi per le case deprezzate

 
Giacomo Rizzo

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Giacomo Rizzo

Taranto, l'ex Ilva allo Stato? Per gli ambientalisti non è la soluzione

L'ex Ilva di Taranto

«Regalo» di Natale per i proprietari degli immobili del rione Tamburi dopo 20 anni di contenziosi. Un fondo istituito ad hoc

Mercoledì 27 Dicembre 2023, 13:43

TARANTO - Sono arrivati prima di Natale, come un regalo inatteso (e dopo quasi 20 anni di contenziosi), i risarcimenti per i proprietari delle case del rione Tamburi di Taranto che hanno subito un deprezzamento a causa dell’inquinamento provocato dall’ex Ilva, ma hanno presentato l’istanza dopo che l’azienda siderurgica fu ammessa a procedura concorsuale. A pagare è lo Stato. Finalmente trova attuazione il Fondo, previsto inizialmente con decreto “Sostegni Bis” del 2021, e poi istituito con dei correttivi grazie a un decreto del Mise del 23 settembre 2022, pubblicato in Gazzetta ufficiale il successivo 9 novembre. Il rifinanziamento è stato garantito da un emendamento alla legge di Bilancio 2023: il budget a disposizione è di 3,5 milioni di euro per il 2023, di 4,5 per il 2024 e di 4,5 per il 2025. Ad usufruire del risarcimento sono i proprietari di immobili esposti all’inquinamento dello stabilimento ex Ilva, a favore dei quali sia stato disposto il risarcimento dei danni in virtù di una sentenza definitiva per il «ridotto godimento dei propri immobili». Non avendo l’Amministrazione straordinaria dell’Ilva le risorse finanziarie per soddisfare tutti i risarcimenti riconosciuti serviva un provvedimento legislativo.

Tra i primi a presentare ricorso, tramite l’avv. Massimo Moretti, furono alcuni proprietari degli appartamenti della palazzina B di via De Vincentiis, a poche decine di metri dai giganteschi parchi minerali dove per anni sono state stoccate a cielo aperto montagne di polveri minerali che alimentano l’impianto a ciclo continuo del siderurgico. Lì abitava anche Peppino Corisi, l’operaio Ilva che prima di morire, nel 2001, affisse una targa in cui si malediceva chi non interveniva per evitare che le case fossero colpite quotidianamente dalle polveri. Gli abitanti furono chiamati “i ribelli dei Tamburi” perché ebbero il coraggio di mettersi contro il gigante d’acciaio. Negli anni alcuni sono morti di tumore, altri hanno preferito abbandonare il quartiere. Tra questi, Salvatore De Giorgio, un operaio dell'Ilva in pensione che viveva a circa 200 metri dai parchi minerali del Siderurgico e poi ha dovette lasciare l'immobile per trasferirsi a Lizzano. Tutto iniziò con una lettera di messa in mora, nel 2006. C’era stata una sentenza penale definitiva del 2005 per getto pericoloso di cose a carico di amministratori e dirigenti dell’ex Ilva. Erano stati condannati per le polveri minerali sparse sulla città e in particolare spinte dal vento verso il vicino quartiere Tamburi.

L’Ilva si oppose al risarcimento in via bonaria e nel 2008 iniziò la causa civile. Prima di decidere sul caso, il giudice di primo grado affidò una perizia chimica per accertare che le polveri provenienti dallo stabilimento siderurgico avevano effettivamente danneggiato l’edificio. Nel 2014 arrivò la sentenza «pilota» che ha rappresentato un punto di riferimento per altri residenti del quartiere che si attivarono successivamente. Un verdetto che confermò la sussistenza dell’inquinamento delle polveri che per anni avevano imbrattato case, facciate e balconi, riducendo il valore degli appartamenti. La sentenza, confermata in appello, diventò definitiva in Cassazione nel luglio del 2021. Alcuni proprietari, nel 2014, riuscirono a ottenere un risarcimento di circa il 20 per cento del valore del proprio appartamento (con importi compresi tra i 12 e i 16mila euro ad appartamento) poche settimane prima che l’Ilva decotta fosse ammessa alla procedura concorsuale davanti al tribunale di Milano. Altri furono ammessi allo stato passivo dai giudici milanesi ma in cassa non c’era più nulla.

Il deputato del Pd Ubaldo Pagano fu il primo firmatario dell’emendamento istitutivo del fondo per l’indennizzo approvato nel Decreto Sostegni-bis con le successive modifiche e integrazioni finanziarie. Per i risarcimenti è previsto un tetto massimo di 30mila euro, deciso direttamente dal giudice. Sono diverse le sentenze che hanno accertato la continuità dello sversamento di sostanze inquinanti (polveri, fumi e gas) e il superamento di ogni tollerabilità prevista dalla legge, quindi il diritto al risarcimento dei proprietari.

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