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D’Amato: «Produzione di acciaio senza fonti fossili? A Taranto non si può»

 
Redazione Taranto

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D’Amato: «Produzione di acciaio senza fonti fossili? A Taranto non si può»

L’eurodeputata Rosa D’Amato (Verdi Europei): «Spiego il perché in Svezia è possibile e in Puglia no»

Mercoledì 15 Novembre 2023, 13:50

14:07

TARANTO - «Produrre acciaio senza utilizzo di fonti fossili? In Svezia si può. a Taranto no. Non è un parere, è un fatto oggettivo. Lo dicono i numeri, lo dice la realtà del territorio, lo spiegano bene i calcoli. L’ex Ilva di Taranto ha un solo destino: chiudere». Lo afferma l’eurodeputata Rosa D’Amato (Verdi Europei) dopo aver visitato gli stabilimenti svedesi che non prevedono l’utilizzo di fonti fossili. «L'impossibilità - aggiunge - di replicare a Taranto il modello svedese di produzione di acciaio, in larga scala, utilizzando l'idrogeno, deriva dalla mancanza di fonti rinnovabili a sufficienza (aree limitate per gli impianti fotovoltaici ed eolici) fermo restando, inoltre, la disponibilità (tutta da valutare) di acque sufficienti ad estrarre idrogeno».

I temi sono stati approfonditi nel corso di un incontro nella sede del Circolo fotografico, moderato dal giornalista Angelo Di Leo, a cui hanno partecipato l’ingegnere ambientale Bartolomeo Lucarelli, il co portavoce di Europa Verde Taranto Giovanni Carbotti e il consigliere comunale di Europa Verde Antonio Lenti. Titolo dell’evento: “Decarbonizzazione? L’esempio svedese… e la realtà di Taranto”.

I dipendenti del Siderurgico, ha osservato D’Amato, «hanno una grande possibilità di ricollocamento tramite le bonifiche e la reale conversione produttiva del territorio ionico, investendo sulle rinnovabili (i piani e i progetti ci sono) lasciandosi alle spalle (tutti, insieme, operai e cittadini) il cappio secolare del siderurgico inquinante».

L’europarlamentare ha spiegato che «nel nord della Svezia sono in corso di realizzazione due progetti che segnano un profondo cambiamento nella produzione di acciaio. Lo scorso settembre abbiamo visitato gli stabilimenti che non prevedono l’utilizzo di fonti fossili: SSAB (progetto Hybrit) sta riconvertendo, H2 Green Steel sta costruendo ex novo. Si tratta di una svolta che presuppone possibilità, capacità e contesto particolari. Esempi che giungono dall’Europa e che, idealmente sovrapposti sulla realtà di Taranto, imponevano una seria riflessione sulla loro eventuale e concreta fattibilità locale».

Dal dibattito «è emersa una sintesi - ha sostenuto D’Amato - a tutti apparsa oggettiva, accompagnata da una serie di proposte da valutare e pianificare sul territorio ionico in termini di innovazione, diversificazione e concreta riconversione».

L’esponente di Europa Verde ha rammentato che «si dovrebbero avere a disposizione, ad esempio, circa 10 litri d'acqua per estrarre 1 kg di idrogeno. Inoltre, le attuali superfici disponibili consentirebbero di installare fonti rinnovabili sufficienti appena per il 5% della produzione degli impianti svedesi. Insomma, inutile girarci attorno. Ciò che si va realizzando in Svezia, a Taranto è impraticabile».

E, ha concluso D’Amato, «se da un lato la chiusura dello stabilimento Ilva di Taranto resta la vera strada per la salvezza del territorio e la tutela della aalute di operai e cittadini dell’intera provincia (non solo del capoluogo), dall’altro l’esigenza di puntare su piani alternativi di riconversione - alcuni dei quali già in campo, come le proposte TRI.0 e l’Hydrogen Park - si fa pressante e interroga tutti gli attori politici e istituzionali. A Taranto il dramma ambientale c’era, c’è e resterà gravemente irrisolto se Amministrazioni e Governo continueranno, ognuno a proprio modo, a dare contenuto vacuo ad un progetto vano chiamato decarbonizzazione». [g.riz.]

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