TARANTO - L’ex presidente della Provincia Gianni Florido, «non manifestò mai direttamente, indirettamente o trasversalmente espressioni o atteggiamenti volti a favorire o ottenere una soluzione positiva per gli interessi dell’Ilva». È uno dei passaggi che compongono le 68 pagine di ricorso degli avvocati Carlo e Claudio Petrone contro la condanna a 3 anni inflitta all’ex presidente Florido nel primo grado del processo Ambiente svenduto in cui la Corte d’assise lo ha riconosciuto colpevole di concussione per aver fatto pressione sui dirigenti dell’ente affinché concedessero l’autorizzazione per la discarica interna alla fabrica “Mater Gratie”.
Secondo i legali «l’accusa mossa nei confronti del Florido è stata articolata su un presupposto errato ed inesistente» che si basa sulla trascrizione di un’intercettazione nella quale l’allora dirigente Ignazio Morrone avrebbe dichiarato «non ho problemi a» e in cui la Guardia di finanza avrebbe aggiunto la parola «firmare» e che stando a quanto emerso dal processo non sarebbe in realtà mai stata pronunciata dal dirigente. Per la difesa di Florido, inoltre, quella frase era in realtà riferita a un contesto completamente differente: «non era inserita nel contesto delle autorizzazioni della discarica Mater Gratie, ma – scrivono i difensori - era rivolta a questioni del tutto differenti, ovvero agli impianti termici». Non solo. Per la difesa, insomma, Florido è finito in carcere «sull’errata trascrizione di una intercettazione ambientale».
Ma oltre a questo secondo Carlo e Claudio Petrone, la corte d’assise ha motivato la condanna di Florido «sulla stigmatizzazione di tre episodi, singoli e insignificanti, da considerarsi quali contatti semplici e trasparenti, di natura puramente istituzionale» tra Florido e i vertici della società, Per la corte quei «contatti» era «la prova di un fantomatico accordo tra Florido e Riva» per «la situazione autorizzatoria di Ilva con riferimento alle discariche», ma nei fatti quell’autorizzazione non è mai stata concessa dalla Provincia. «L’autorizzazione – scrivono gli avvocati – arrivò soltanto nell’ottobre del 2013 da parte del Governo con il varo del relativo decreto all’Ilva per la discarica all’interno dello stabilimento. Tutto ciò mentre Florido era agli arresti domiciliari».
In realtà secondo la difesa «l’indirizzo politico del Florido era esclusivamente rivolto a definire un’istanza rimasta per troppo tempo inevasa a causa dell’inazione dei suoi stessi dirigenti che, lungi dal subire le presunte sollecitazioni rivolte a definire la questione, avevano agito in piena autonomia ed in danno dell’Ente a cui essi appartenevano, con una condotta a dir poco equivoca». Florido, quindi, per la difesa voleva solo chiudere la pratica da troppo tempo inevasa senza però pressioni per l’accoglimento o il diniego dell’autorizzazione. Ed è anche per questo che gli avvocati hanno chiesto alla Corte d’assise d’appello che celebrare il secondo grado di “Ambiente svenduto” di assolvere Florido anche superando la prescrizione che arriverà nel 2024.