TARANTO - «Non avevo alcuna intenzione di interferire nella vita privata delle colleghe: c’è un motivo se ho posizionato la telecamera nel bagno, ma spiegherò tutto non appena avremo raccolto tutti gli elementi per chiarire la situazione». È quanto, in estrema sintesi, ha sostenuto l’ex direttore dell’ufficio postale di Taranto finito agli arresti domiciliari il 27 giugno scorso con l’accusa di aver filmato le dipendenti con una microcamera nascosta nei servizi igienici. Per quasi due ore, accompagnato dal suo difensore, l’avvocato Luigi Semeraro, ha risposto alle domande del gip Francesco Maccagnano e ha negato fermamente di aver sistemato il dispositivo con l’obiettivo di catturare le immagini per fini di perverso piacere: secondo la versione dall’indagato, infatti, il fatto che in quelle riprese fosse chiaramente visibile il suo volto e persino il suo tesserino lavorativo è la prova che l’uomo voleva essere riconosciuto perchè nessuno dubitasse della finalità di quella azione. In sostanza se non avesse voluto farsi riconoscere avrebbe fatto in modo di non essere mai inquadrato. Una tesi e una serie di spiegazioni che secondo l’avvocato Semeraro ha significativamente ridimensionato la vicenda: il legale ora sta valutando se depositare un’istanza di revoca degli arresti domiciliari oppure ricorrere al Tribunale del Riesame. Al momento, quindi, l’ex direttore resta ai domiciliari.
Come raccontato dalla Gazzetta nei giorni scorsi, la vicenda è iniziata poco più di un anno fa, a marzo 2022, quando una dipendente che aveva utilizzato il bagno riservato alle donne e mentre si apprestava a uscire si era accorta della presenza del dispositivo nascosto in un contenitore: scossa da quella scoperta aveva prelevato la videocamera ritrovando anche un cavo che la collegava a una batteria. Dopo averne parlato a una collega e aver scaricato i video contenuti su una scheda di memoria inserita nella videocamera, si erano accorte che ce n’era uno che immortalava proprio l’allora direttore nell’atto di sistemare quella telecamera. Nel confronto con lui, l’uomo aveva sostenuto di aver in passato individuato la telecamera e averla riposizionata per potere pizzicare il vero autore di quella attività, ma qle spiegazioni non avevano convinto le donne che si sono rivolte alla Guardia di finanza di Taranto per denunciare l’accaduto. Le fiamme gialle, coordinate dal pubblico ministero Mariano Buccoliero, avevano effettuato qualche settimana più tardi una perquisizione sequestrando il computer e il telefono dell’uomo. Sul portatile avevano ritrovato, grazie a un programma che permette di recuperare i file cancellati, una decina di video e circa 120mila fotogrammi, di altri video, che l'uomo aveva provato a far sparire. Nella tarda mattinata di ieri l’uomo ha negato anche quella cancellazione fosse una «bonifica» come l’hanno ritenuta gli inquirenti.
I finanzieri però hanno ritrovato anche altri video fatti in ambienti esterni a quelli dell’ufficio postale. Anche su questo punto l’uomo ha sostenuto di voler chiarire tutto non appena sarà il momento.