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Ex Ilva di Taranto: forniture non pagate, parte un appello al governo

 
Giacomo Rizzo

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Giacomo Rizzo

Sciopero ex Ilva Taranto

L'eterna vertenza sull'impianto coinvolge l'indotto. Salvatore Toma, presidente di Confindustria: «Situazione molto critica, il ministro Urso intervenga»

Domenica 16 Aprile 2023, 14:46

TARANTO - I pagamenti a singhiozzo delle fatture (con uno scaduto che in diversi casi supera i sei mesi) ha reso «estremamente critica» la situazione dell’indotto ex Ilva di Taranto. A prendere posizione è il presidente della sezione locale di Confindustria, Salvatore Toma, che torna a incalzare il governo e in particolare il ministro delle imprese e del Made in Italy. Il comparto, spiega il presidente, ha «atteso con fiducia che, dopo le dichiarazioni di apertura del Ministro Urso su una risoluzione anche parziale ma soddisfacente della situazione complessiva, la condizione delle aziende fornitrici potesse registrare un momento di svolta. Così non è stato». Queste imprese, ammette inoltre Toma, «non hanno mai realmente risolto la loro situazione di sofferenza finanziaria dovuta ai ritardi dei pagamenti da parte di Adi. Dopo un breve periodo di apparente stasi, dovuto a corresponsioni parziali dei crediti, successive alle iniezioni di liquidità da parte del Governo, la situazione è tornata ad essere molto critica, e per alcune di queste aziende lo è anche molto oltre la soglia di tolleranza».

Come confermato dalle organizzazione sindacali, quasi tutte le aziende hanno aperto procedure di cassa integrazione e c’è chi ha finito tutti gli strumenti di tutela possibili. Il problema riguarda anche ditte storiche, che hanno sempre mostrato solidità ma oggi fronteggiano una situazione insostenibile e si trovano impossibilitate a pagare gli stipendi con regolarità ai dipendenti. Acciaierie d’Italia ha ripristinato alcuni degli ordini che erano stati sospesi a metà novembre, ma con scadenza giugno 2023.

Secondo il presidente di Confindustria Taranto «è evidente che una condizione di tale portata non possa passare inosservata: al Governo chiediamo di intervenire sulla questione perché, se da una parte i 680 milioni di liquidità possono essere serviti a risolvere la situazione creditizia dei grandi fornitori, come auspicato, dall’altra i fornitori locali continuano a vivere una condizione pesantissima e non più sostenibile».

E non è ammissibile, attacca Toma, consentire «che un territorio come quello tarantino possa essere lasciato a se stesso: vanno bene i progetti a largo respiro riguardanti la decarbonizzazione, l’economia circolare e tutte le ricadute positive possibili e immaginabili, ma se è un intero sistema a crollare, perché di questo parliamo, ogni progetto di riconversione e modernizzazione, ogni speranza di cambiamento e visione prospettica smette di avere senso e diventa solo esercizio retorico».

Da qui il richiamo al governo. «Il Ministro Urso – rammenta Toma - aveva ipotizzato di riunire il tavolo della discussione già alla fine dello scorso marzo: non abbiamo ricevuto convocazioni in tal senso ma, al contrario, sulla questione - ammette - è calato nuovamente il silenzio». E, in silenzio, le imprese che legano il proprio destino a quello del Siderurgico rischiano di chiudere per sempre.

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