Nel libro Odierai il prossimo tuo (Piemme), scritto con Lorenzo Fazzini, il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Commissione Episcopale Italiana, ritiene urgente e necessario affrontare la questione dell’odio, sentimento che disumanizza e condanna alla solitudine. E l’odio, secondo monsignor Zuppi, ieri a Taranto per partecipare al primo incontro della 51esima edizione della «Settimana della fede», ha una capacità distruttiva spaventosa, essendo percepito come forza capace di proteggerci dalle minacce e ripagarci delle ingiustizie subite. Ad un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, a pochi giorni dall’ennesima strage di migranti nel Mediterraneo e in una città come Taranto nella quale il lavoro e la salute cercano da decenni un equilibrio, il cardinale Zuppi ha risposto alle domande della Gazzetta.
Eminenza, il Capo dello Stato ha ricordato una cosa molto semplice, «migrare è un diritto». Lo ha detto anche lei però è ancora complicato attivare dei corridoi legali: perché?
Ma perché dobbiamo affrontare in maniera più compiuta la questione. Non può essere soltanto un problema italiano, è un problema di tutta quanta l’Europa. Poi bisogna operare delle scelte, scelte non contingenti, legate all’emergenza del momento. È indispensabile trovare in questa ennesima tragedia, la consapevolezza necessaria per fornire risposte adeguate: l'Italia deve fare la sua parte, l’Europa che deve fare la sua parte e aiutare l'Italia a fare la sua parte. Guardi, sui migranti si è detto e letto di tutto. L’odio è davvero sorprendente, è come il mare, ha una capacità di annidarsi nel cuore degli uomini, nelle relazioni tra gli uomini di apparire inerte quando non lo è. L’odio ha dei frutti terribili che dominano l'uomo stesso perché poi diventa un una macchina di morte che non si riesce più a fermare come vediamo, nella violenza e nella guerra.
Lei ha detto che la politica deve risolvere i conflitti e non fare la guerra, ma cosa si fa quando la politica è così innestata nelle ragioni della guerra, e con una Unione Europea che non ha votato neanche a favore di una risoluzione per le trattative di pace?
A maggior ragione la politica deve ricordarsi dell’arte nobile della politica, e questo non è mai soltanto un problema di chi ne ha delle responsabilità ma è un problema di tutti quanti. La pace ci coinvolge tutti, nelle varie responsabilità di ciascuno, e credo che tutti debbano essere, in maniera diversa, artigiani di pace. Sì, c’è una debolezza della politica, c’è una debolezza della diplomazia, c’è una debolezza della società, gli uomini assistono con troppa freddezza alla tragedia in corso nel pieno dell’Europa, in Ucraina. Speriamo che la politica sappia trovare i mezzi, con l'aiuto della diplomazia, per tessere quelle fila di un dialogo che tanti invocano, in realtà, per aprire degli spazi, perché per esempio la risoluzione dell'Onu che era chiarissima, possa essere applicata...