TARANTO - «Stiamo ragionando di come superare le fonti inquinanti, andare con i forni elettrici a produrre quell'acciaio verde che Bruxelles ci impone entro il 2035. Questo avrà dei costi, lo sappiamo bene. Dobbiamo impegnarci, all’interno dell’accordo di programma proposto, per salvaguardare gli interessi di tutti, a partire dai lavoratori. Ma non c'è un piano B. Non si può tornare indietro, la transizione è partita». Lo sottolinea il sindaco e presidente della Provincia di Taranto Rinaldo Melucci all’indomani dell’incontro in cui i vertici della società Dri Italia (il presidente Franco Bernabè e l’Ad Stefano Cao) hanno presentato il progetto dell’impianto di preridotto che sarà realizzato a Taranto, strutturato in due moduli da 2-2,5 milioni di tonnellate. Il primo alimenterà i due forni elettrici previsti da Acciaierie d’Italia nell’ambito del piano di riconversione produttiva e decarbonizzazione, il secondo fornirà i produttori privati del Nord Italia. «Abbiamo discusso, a volte - aggiunge Melucci - ci siamo anche divisi, tutti quanti con le proprie ragioni, dal 2012 in avanti, ma la transizione di questo territorio sta finalmente cominciando e dobbiamo rimanere razionali e pratici verso la meta». Secondo Melucci «si stanno facendo passi avanti importanti. Il 19 gennaio scorso abbiamo presentato al tavolo ministeriale la nostra relazione con una road map indicativa per l’accordo di programma, per i temi da trattare e per gli obiettivi da raggiungere secondo gli intessi che la comunità si è data. Torneremo a incontrarci probabilmente a fine mese per proporre al ministro Urso la nostra agenda di lavori per le prossime settimane».
«Sono circa due anni che segnaliamo la necessità di modificare il sistema di calcolo dell’integrazione salariale che penalizza i lavoratori di Ilva in As in cassa integrazione straordinaria: la nostra proposta è quella di considerare il 10% sull'imponibile contributivo di ogni dipendente». Lo afferma Francesco Rizzo dell’Esecutivo Confederale Usb, aggiungendo di aver «fatto presente questa esigenza al Governo precedente, così come a quello attuale, ma nulla si è mosso con le prevedibili conseguenze negative, lo scorso anno a causa della riforma degli ammortizzatori sociali, quest’anno per l’adeguamento agli indici Istat. L’attuale meccanismo di calcolo è frutto di un accordo del 2015 non siglato dalla nostra organizzazione sindacale». Secondo Rizzo «oggi questo sistema non determina alcun beneficio per i lavoratori, anzi una decurtazione su quello che percepiscono mensilmente. Inoltre, i milioni messi a disposizione annualmente per coprire l’integrazione salariale, vengono utilizzati solo in minima parte: sono risorse che tornano indietro perché a destinazione vincolata». L'Usb richiama «ancora una volta l’attenzione di tutti i parlamentari di terra ionica affinché prendano a cuore la questione e assumano un impegno e ci sia un giusto riconoscimento per i lavoratori che soffrono da troppi anni per questa condizione. E, sempre per la stessa platea di lavoratori, gli ex Ilva in Amministrazione straordinaria, sollecitiamo la Regione Puglia perché, come promesso, partano finalmente i corsi di formazione. Nel caso di assenza di risposte - conclude Rizzo - saremo costretti in entrambi i casi a mobilitarci per mettere in piedi azioni incisive».
«L'incontro su ex Ilva tra Bernabè, Melucci ed Emiliano, ha posto in evidenza un programma condiviso e incoraggiante, fondato sulla continuità aziendale e sulla sostituzione nell’arco di 10 anni dell’alimentazione dell’area a caldo. Altro che chiusura di alcuni segmenti produttivi e in controtendenza rispetto alla demagogia di piazza e al noto situazionismo di Emiliano, per cui quando incontra l’azienda condivide le ragioni aziendali e quando incontra le associazioni condivide le ragioni delle associazioni». Lo dichiarano il consigliere e commissario regionale di Azione Fabiano Amati, Sergio Clemente e Ruggiero Mennea, capogruppo. «Siamo convinti, tuttavia, che tutto questo - sostengono - si potrà realizzare solo grazie a manager e politici non situazionisti, e su questo confidiamo sulla serietà di Bernabè e Melucci. Nel frattempo, ci piacerebbe sapere se Emiliano ha avvisato dell’esito dell’incontro i Cinquestelle e Turco, e se il problema da cui prendere le distanze siamo ancora noi con le nostre parole di verità e non Emiliano con la sua doppiezza».
«La vertenza ex Ilva sembra non trovare mai una soluzione causando un aumento delle criticità all’interno dello stabilimento e della cassa integrazione e una assenza di investimenti necessari a garantire la risalita produttiva, la sicurezza sugli impianti ed un minor impatto ambientale. Per quanto tempo ancora dobbiamo attendere risposte che traccino un percorso chiaro e condiviso con le parti sociali?» A sollevare l’interrogativo è il segretario generale della Fiom Cgil di Taranto Francesco Brigati. A più di 10 anni dal sequestro preventivo degli impianti «l'incapacità di scegliere, da parte di tutti i governi, ha portato - attacca il sindacalista - ad una situazione non più sostenibile che rischia seriamente di implodere dal punto di vista sociale in assenza di certezze per i lavoratori di Acciaierie d’Italia, di Ilva in AS e dell’appalto. Neanche le risorse economiche previste dall’ultimo decreto, 680 milioni di euro, sono servite a dare risposte al blocco delle attività delle aziende dell’appalto». Senza «ancora uno stralcio industriale - osserva Brigati - il presidente di Acciaierie d’Italia Bernabè ha incontrato le istituzioni locali e regionali per presentare ufficialmente il progetto del Dri». Ma, conclude, «ritengo quasi incomprensibile discutere del futuro dell’ex Ilva se non vengono immediatamente affrontate le criticità dello stabilimento siderurgico. Non può esserci una transizione ecologica se non vengono seriamente affrontate le questioni che riguardano l’attuale gestione degli impianti e gli investimenti per la risalita produttiva»