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Benzene a Taranto, l'ex Ilva «accusa» l'Eni

 
Francesco Casula

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Francesco Casula

Benzene a Taranto, l'ex Ilva «accusa» l'Eni

La replica alla nota dell’Arpa: Emissioni anomale nel capoluogo ionico

Giovedì 19 Gennaio 2023, 07:52

19:00

TARANTO - L’emergenza «benzene» a Taranto non è colpa di Acciaierie d’Italia, ma potrebbe provenire da altre fonti. Ad esempio dalla raffineria Eni. È quanto, in estrema sintesi ha risposto, il 17 gennaio scorso, Adi ad Arpa Puglia che il 5 gennaio scorso aveva inviato una nota nella quale imponeva alla fabbrica di adottare «tutti i possibili interventi correttivi di riduzione delle emissioni di benzene da parte dello stabilimento siderurgico». Come raccontato nei giorni scorsi dalla Gazzetta, l’Agenzia Regionale di Protezione Ambientale aveva individuato nell’ex Ilva la fonte di emissioni del benzene, pericolosa sostanza che «Iarc», l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, ha classificato come «cancerogeno certo per l’uomo». Nelle lettera, Arpa aveva confermato che negli ultimi anni i valori di benzene registrati dalle centraline erano costantemente aumentate: per i tecnici della Regione Puglia, la sorgente di quei veleni sarebbe proprio l’ex Ilva, ma per i Gestori della fabbrica le cose non stanno affatto così. «Con la presente – scrive Acciaierie d’Italia – deve contestare fermamente tanto il fatto che l’aumento nei livelli di benzene sia attribuibile allo stabilimento siderurgico quanto, di conseguenza, la richiesta di adottare interventi correttivi per le ragioni di seguito esposte». Per i nuovi padroni dell’acciaio, inoltre, il collegamento tra inquinante e fabbrica «non trova il benché minimo riscontro nelle attività di verifica e controllo da parte delle autorità competenti, tra cui la stessa Arpa». Acciaierie d’Italia ha spiegato che lo stabilimento «è stato oggetto – dall’inizio del 2020 ad oggi – di 11 ispezioni ordinarie, oltre a 2 ispezioni straordinarie» e «in nessuna di tali ispezioni sono stati mossi rilievi relativamente alle emissioni di benzene rispetto alle batterie in esercizio. Di conseguenza, non è neppure stata formulata, sul punto, alcuna diffida da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica». Insomma «l’esercizio dello stabilimento – secondo AdI - è avvenuto nel pieno rispetto della normativa applicabile e delle prescrizioni autorizzative, tanto da non rendere funzionale da parte di AdI l’adozione di alcuna altra misura diretta alla diminuzione degli incrementi di rilevazione del benzene di cui all’oggetto». Insomma tutto in regola, non c’è bisogno di alcun intervento.

Arpa aveva segnalato come la media dei primi 11 mesi del 2022 registrata alla stazione di controllo «Tamburi Via Orsini» fosse pari a 3,3 microgrammi per metrocubo, superiore alle medie annue dal 2019 fino al 2021 rispettivamente di 1,3 microgrammi per metro cubo nel 2019, 2,8 nel 2020 e infine 2,9 nel 2021. Una crescita registrata anche in altre centraline, sia esterne che interne alla fabbrica: in particolare nei primi 11 mesi del 2022 la stazione Cokeria ha registrato un valore medio di 33,2 microgrammi per metrocubo: valore quasi doppio rispetto al 2019 (18,4) al 2020 (28,4) e al 2021 (22,8). Proprio questa valori molto elevati a ridosso degli impianti hanno convinto Arpa che l’ex Ilva sia la sorgente delle emissioni. Ma Accierie d’Italia si smarca. Non solo. Nella risposta ha anche puntato il dito altrove: «sarebbe del tutto ragionevole valutare e verificare, da parte di codesta spett.le autorità, se sussista una ulteriore possibile fonte di incremento della rilevazione del benzene, visto che – logicamente – lo stabilimento siderurgico dovrebbe essere escluso». Quale potrebbe essere l’altra fonte? «Sul punto, AdI evidenzia – si legge nella lettera – che nell’ambito della raffineria di Eni S.p.A. contigua allo stabilimento, a partire da novembre – dicembre 2019 è gestito il greggio “Tempa Rossa” proveniente dalla Basilicata e trasportato in raffineria mediante l’oleodotto Viggiano-Taranto». In sostanza, per i vertici dello stabilimento, bisogna accertare che quei valori crescenti di benzene non derivino proprio dalle attività compiute dall’Eni.

Ex Ilva: azienda, dati benzene inferiori a valore limite annuale

«Dai dati di Arpa Puglia emerge che i livelli registrati dalle centraline di Taranto sono sempre inferiori al valore limite annuale pari a 5 microgrammi/m3 (microgrammi per metro cubo) fissato per la qualità dell’aria dal D.Lgs. 155/2010 in conformità alla normativa comunitaria». Lo scrive oggi in un tweet Acciaierie d’Italia. Lo scorso 5 gennaio la stessa Agenzia per la protezione ambientale della Puglia (Arpa) aveva inviato una nota con la quale chiedeva alla fabbrica di adottare «tutti i possibili interventi correttivi di riduzione delle emissioni di benzene da parte dello stabilimento siderurgico».

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