TARANTO - È stato condannato a 15 anni e 4 mesi di carcere un 50enne della provincia di Taranto accusato di aver fatto vivere nel terrore e in condizioni disumane diversi membri della sua famiglia, alcuni dei quali con gravi problemi di salute. La corte d’assise di Taranto ha modificato l’accusa nei suoi confronti da «riduzione in schiavitù» in «maltrattamenti in famiglia», ma ha sostanzialmente confermato la richiesta di condanna avanzata dal pubblico ministero Vittoria Petronella. La corte, presieduta dal magistrato Giuseppe Licci e giudice a latere Loredana Galasso, ha inoltre disposto per l’uomo l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, l’interdizione legale per la durata della pena e condannato l’uomo a risarcire i familiari, costituiti parte civili attraverso gli avvocati Filomena Zaccaria e Caterina Argese: in particolare sarà un processo civile a stabilire l’entità del risarcimento, ma nel frattempo l’uomo dovrà versare ai tre familiari una provvisionale immediatamente esecutiva di 20mila euro per ognuno di loro.
La vicenda era partita dalla denuncia di una nipote, all’epoca dei fatti 25enne, che aveva chiesto aiuto alla polizia dopo circa un anno di vessazioni da parte dello zio materno. La giovane, dopo una vita in comunità fino all’età di 19 anni, si era ricongiunta con la mamma malata e con il fratello maggiore affetto da alcuni disagi psichici, che vivevano in casa dell’uomo. Fin dai primi momenti, però, quella convivenza era apparsa difficile per i suoi modi violenti: l’uomo per affermare la sua autorità non esitava a legare al letto la mamma della ragazza - sua sorella - e a operare sistematicamente violenze psicologiche. La ragazza, però, ha spesso reagito a quei soprusi provocando reazioni brutali dell’uomo: l’ha addirittura incatenata per evitare che scappasse e in un’occasione l’aveva persino cosparsa di benzina minacciandola di darle fuoco e fu solo l’intervento della madre e del fratello che ha evitato la tragedia. Secondo la denuncia della ragazza, inoltre, i poliziotti avevano accertato che l’uomo gestiva il denaro dei familiari: soprattutto aveva avuto il pieno controllo delle pensioni di invalidità percepite mensilmente dalla sorella e da uno dei figli.
Una volta partite le attività investigative, gli investigatori hanno avuto modo di accertare xhe la sorella dell’uomo veniva picchiata quotidianamente e accusata di non seguire le terapie mediche: ogni sera, suo fratello, la legava al letto con una catena per impedirle di recarsi in cucina o nelle altre stanze dell’appartamento. L’uomo fu arrestato ad aprile 2021: nell’ordinanza, il giudice Pompeo Carriere spiegò che la sorella e il nipote «non sono capaci di badare autonomamente alle proprie esigenze quotidiane di vita ed è proprio questo il ricatto psicologico che li induce a sottoporsi ai trattamenti disumani e degradanti posti in essere dal proprio aguzzino».