TARANTO - Dai droni al passamano. Non sembra essersi fermato lo spaccio di droga nel carcere di Taranto. Sono stati gli agenti della Polizia penitenziaria nei giorni scorsi a neutralizzare un nuovo tentativo di introdurre stupefacenti nella casa circondariale e ad arrestare il 34enne Luigi Murciano.
Tutto è cominciato intorno alle 13.30 del 27 ottobre scorso quando il 34enne è entrato nella sala colloqui dell’istituto insieme ad altri familiari, per incontrare un parente detenuto: con un gesto rapido, che non è sfuggito ai poliziotti in servizio, Murciano avrebbe passato un «fagottino» al detenuto che immediatamente ha riposto tutto nella tasca del pantalone. L’episodio, come detto, è stato notato dall’agente di guardia che ha subito informato il suo superiore: insieme hanno visionato le immagini che hanno confermato il passaggio di mano di un piccolo involucro. Il colloquio è stato sospeso e tutti sono stati sottoposti a perquisizione. Nelle tasche del detenuto è stato recuperato un pacchetto che conteneva circa 33 grammi di hashish e circa 7 di cocaina. Luigi Murciano, in quei frangenti, ha ammesso ai poliziotti di aver ceduto le sostanze stupefacenti al parente chiarendo tuttavia che nessun altro membro della famiglia ne era al corrente.
I poliziotti hanno così informato la procura e il pubblico ministero di turno ha disposto l’arresto ai domiciliari con braccialetto elettronico per il 34enne. Il 29 ottobre l’uomo è comparso dinanzi al gip Benedetto Ruberto per la convalida del fermo: al termine dell’interrogatorio, nel quale Murciano si è avvalso della facoltà di non rispondere, il giudice ha confermato gli arresti domiciliari, ma ha accolto la richiesta dell’avvocato difensore, Alessandro Scapati, di evitare il braccialetto elettronico. Nella sua ordinanza, tuttavia, il magistrato ha spiegato che quell’episodio non è da considerare un fatto isolato, ma gli elementi raccolti dagli agenti della penitenziaria «inducono fondatamente a ritenere la non occasionalità della condotta posta in essere, l’inserimento in vasti circuiti criminali, costanti contatti con un rete di fornitori e clienti da cui, per comune esperienza, non è facile distaccarsi, potendosi fondatamente concludere in ultima analisi per il più che concreto, fondato ed attuale pericolo di reiterazione di analoghe condotte criminose». Quella cessione scoperta dai poliziotti, quindi, potrebbe essere stata l’ultima di una lunga serie.
Del resto nel carcere di Taranto non sarebbe la prima volta. Inchieste condotte dalla procura e dalla Squadra mobile hanno smantellato un vasto giro di droga che i parenti consegnavano durante i colloqui ai detenuti perché la spacciassero nel carcere. In alcuni casi era stato documentato anche l’utilizzo di droni che consegnavano gli stupefacenti direttamente alle finestre delle celle.