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Taranto, il ponte girevole alla prova del futuro

 
Augusto Ressa*

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Augusto Ressa*

Taranto, il ponte girevole alla prova del futuro

Il Cavour attraversa il canale col Ponte Girevole aperto: è la struttura che divide e unisce la città jonica

L’appello dell'ex direttore della Soprintendenza ad architetti e ingegneri: «Non sia solo strategico»

Martedì 30 Agosto 2022, 13:18

Il Ponte Girevole è un’opera di ingegneria in ferro che caratterizza la città di Taranto, la sua sagoma ad arco ribassato che collega le due città, quella Vecchia e quella Nuova, è ormai impressa nella memoria collettiva ad identificare la città bimare. La sua costruzione, attuata dopo l’Unità d’ Italia, rientrava nel programma governativo che affidava a Taranto il controllo della costa Jonica del Paese unificato, così come per il Tirreno e l’Adriatico erano state individuate La Spezia e Venezia. A Taranto veniva realizzato un polo militare strategico e le opere principali, che dovevano determinare il nuovo corso della città erano appunto l’arsenale Militare, il Porto e il Canale Navigabile per consentire l’ingresso delle navi al Mar Piccolo.

Nel quadro generale si collocava la necessità di realizzare un ponte di collegamento fra la città Vecchia e la nuova espansione urbana che superasse il vecchio fossato, che sarebbe stato trasformato in canale navigabile, e che avesse le caratteristiche tali da potersi «aprire» in occasione del transito delle grandi navi da guerra. La seconda metà dell’800 vede il sorgere di importanti e innovative architetture in ferro e ghisa per la realizzazione di grandi coperture per gli scali ferroviari, per i teatri e per le aule governative di rappresentanza. Taranto in tal senso diventa una città d’avanguardia quando nel 1874 viene elaborato il bando per la progettazione e realizzazione di un ponte in ferro con precise caratteristiche tecniche. Il bando verrà vinto dall’azienda di Castellammare di Stabia di proprietà dell’ingegnere Alfredo Cottrau, brillante e geniale progettista di opere in ferro, al quale si devono le progettazioni, fra l’altro, delle coperture vetrate della Galleria Umberto I di Napoli, del Teatro Massimo di Palermo e delle eleganti tettoie nel cortile del Quirinale, oltre a ponti ferroviari disseminati in tutta Europa. Ma il ponte di Cottrau, inaugurato in pompa magna nel 1887 era ben diverso da quello attuale, e lo stesso Cottrau aveva fissato una garanzia dell’opera di meno di 50 anni. Fatto sta che a seguito di localizzati aggiustamenti e manutenzioni, si dovette attendere il 1954 perché fosse promulgato un provvedimento di sostituzione del ponte con una legge speciale a firma del ministro Giuseppe Romita. Fu quindi realizzata una banale copia affidata alle officine Savignano (TO) e ai Cantieri Navali. Quello inaugurato nel 1958 aveva una carreggiata più ampia di un metro e mezzo per lato e dettagli costruttivi molto più modesti. Ulteriori manutenzioni furono attuate negli anni ’70 e negli anni ‘80. Attualmente il ponte presenta considerevoli carenze funzionali, al punto che ne è vietato il transito a due bus contemporaneamente, e le condizioni di degrado sono evidenti a quanti percorrono quell’attraversamento fondamentale fra le due sponde del canale.

Ritengo allora sia giunto il tempo di riprogettare il ponte di Taranto, con caratteristiche più rispondenti agli obbiettivi che la città si sta dando, alla necessità di più agili collegamenti anche su gomma (pensiamo alle BRT), ma anche pedonali, visto il programma in continua crescita di valorizzazione della Città Vecchia che implica il sempre maggiore transito pedonale di cittadini e di turisti. Per rispondere a questi obbiettivi la città dovrebbe offrire di sé un’immagine rinnovata, che sia all’avanguardia oggi, come lo fu nel 1887, realizzando un nuovo ponte, richiamando nella sfida i migliori studi di architettura e ingegneria, lanciando, in accordo fra Marina Militare e Comune di Taranto, un bando internazionale di progettazione. Il Ministero della Difesa dovrebbe a mio avviso, indicare le imprescindibili caratteristiche funzionali, riferite al transito delle navi lungo il Canale Navigabile ed alla più semplice ed economica gestione della movimentazione e manutenzione del ponte. Per il resto, fatta salva la tradizionale sagoma ad arco ribassato ad unica campata, mi aspetterei un nuovo linguaggio espressivo dettato da una rinnovata tecnologia, che consenta fra l’altro il maggior ampliamento possibile della sede carrabile e, soprattutto, pedonale, nonché un rinnovato sistema di illuminazione, oggi affidato a fantasiosi lampioncini finto liberty di recente inserimento.

Tale obiettivo non può essere raggiunto con straordinarie manutenzioni o con operazioni di «restyling» non meglio precisate, come ci è dato ora sapere attraverso interviste rilasciate da personale qualificato della Marina Militare ad emittenti televisive e radiofoniche, dove si parla di conservazione della struttura metallica (del 1958) da smontare e trattare in officina specializzata, di soluzioni «artistiche» per le componenti che definiscono il piano pedonale e carrabile, di un non meglio precisato «nuovo colore», e di un probabile «ampliamento della carreggiata». In ultima analisi, ritengo che questa volta il Ministero della Difesa non possa considerare il ponte girevole una esclusiva, sia pur strategica, infrastruttura militare, e mi aspetto di conoscere a riguardo il punto di vista dell’Ordine degli Architetti e dell’Ordine degli Ingegneri di Taranto. Soprattutto auspico che il Comune di Taranto avvii con il Ministero della Difesa un tavolo di concertazione sul tema che punti alla progettazione del nuovo ponte, che meglio rappresenti il momento attuale e l’idea di futuro della nostra città, più ambiziosa e culturalmente più evoluta. Che sia un ponte verso il futuro, un futuro migliore.

*Già Direttore della Soprintendenza ABAP di Taranto

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