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Il Parco eolico a Taranto? «Ecco tutti quelli che dicevano no»

 
Fabio Venere

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Fabio Venere

Taranto, Luigi Severini

Il racconto e i retroscena, dopo l'inaugurazione, del progettista Luigi Severini

Sabato 23 Aprile 2022, 12:58

17:40

TARANTO - «Vi spiego chi, in questi quattordici anni, ha fatto parte del partito del No ostacolando il parco eolico offshore a Taranto». Inizia così l’intervista che Luigi Severini, ingegnere tarantino, concede alla «Gazzetta» il giorno dopo l’inaugurazione delle dieci turbine in mar Grande che rappresentano l’investimento di 80 milioni di euro di Renexia (attraverso il Gruppo Toto). Ecco, Severini è quello che può considerarsi il padre di questo progetto. Correva l’anno 2008.

Ingegner Severini, in questi 14 anni, ha mai avuto la tentazione di mollare tutto e arrendersi alla burocrazia?
«No, mai. Ci ho sempre tenacemente creduto».
L’altro ieri, nel corso della tavola rotonda organizzata al Porto, il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, si è scagliato contro il partito del no. Secondo lei, chi ne ha fatto parte?
«La sua composizione è piuttosto articolata. Partiamo dal 2008, da quando presentammo il progetto per la prima volta. Prima, però, vorrei ricordare che in quello stesso anno una legge voluta dall’ex ministro Di Pietro aveva attribuito la competenza autorizzativa sugli impianti offshore allo Stato e non alle regioni».

E invece?
«Il Comune di Taranto si oppose, ma non solo. Sulla scorta di un pronunciamento negativo da parte della commissione consiliare Ambiente dell’Amministrazione comunale, la Regione Puglia accese il semaforo rosso. Dunque, la nostra iniziativa imprenditoriale partì con l’opposizione degli enti locali».

In particolare, su cosa si basava il no del Comune di Taranto?
«Di fatto, non c’era alcuna motivazione oggettiva. Quello fu un atteggiamento pregiudiziale, politico anche in considerazione del fatto, già di per sè clamoroso, che gli uffici tecnici del Municipio invece avevano fornito un parere positivo. L’Amministrazione comunale fece così ricorso al Tar, che perse, e poi propose persino appello in Consiglio di Stato. Che perse anche in quel caso. In realtà, i legali del Comune sostennero la tesi che ci dovesse essere una distinzione tra impianti nearshore e offshore. Ma questo non esiste. Per la nostra legislazione, infatti, anche dopo poche decine di metri si deve parlare di offshore».

Ingegnere, ma la linea del Comune di Taranto non vi ha certo bloccato per 14 anni. E allora, chi altri vi ha ostacolato?
«La posizione assunta da Palazzo di Città, infatti, ci ha rallentato complessivamente per tre - quattro anni».

E negli altri?
«La Soprintendenza ai Beni paesaggistici espresse parere negativo che è ancora agli atti, ma che abbiamo bypassato (con un dispendio di tempo non irrilevante) con il via libera poi ottenuto a Roma direttamente dal ministero dei Beni culturali».

E cos’altro è accaduto nel corso di questi anni che hanno preceduto l’inaugurazione del parco dell’altro ieri?
«Proprio a causa dei ricorsi amministrativi intrapresi dal Municipio, non abbiamo potuto applicare le tariffe per le energie rinnovabili che, per dir così, avevamo spuntato al termine di una gara pubblica. Saltato quel giro, poi siamo stati costretti ad attendere altri tre anni affinché il ministero per lo Sviluppo economico emanasse un nuovo decreto con le nuove tariffe. Che, anche in quel caso, ci siamo poi aggiudicati».

Cattiva burocrazia?
«Non solo. Ci ha messo del suo anche il privato».

In che senso?
«Proprio quando tutto l’iter burocratico era sostanzialmente finito, tra il 2017 e il 2018, il fallimento dell’azienda tedesca Senvion ha costretto Renexia a ricercare un altro operatore internazionale per la costruzione delle turbine (poi realizzate dalla cinese Ming Yang Smart Energy)».

Sui social network c’è chi ha polemizzato sulla distanza di alcune turbine dalla costa. In particolare, l’attenzione si è concentrata su quelle più vicine al molo polisettoriale che sarebbero troppo vicine ad uno specchio d’acqua di Lido Azzurro in cui, in genere, d’estate, ci sono diversi bagnanti. Come valuta queste affermazioni?
«Mi sembra un dibattito inutile. È tutto legittimo. Le dieci turbine distano da un minimo di 200 - 300 metri dalla costa ad un massimo di tre chilometri. Ma quale sarebbe il problema dei bagnanti? Temono di nuotare vicino ad una turbina eolica? Mah, forse, non sanno che nel Nord Europa capita così e già da anni ormai. E poi, quale sarebbe l’alternativa?».

In che senso?
«Chi si lamenta preferisce l’industria pesante e l’energia prodotta in maniera tradizionale e quindi con il carbone? Magari poi protestano le stesse persone che, partecipando alle tavole rotonde, invocano le energie rinnovabili».

A proposito, invece, della potenza prodotta dal parco eolico di Taranto (58mila megawattora annui), onestamente, non può certo sopperire a quella che deriva dalle forme tradizionali e pià inquinanti. È d’accordo su questo?
«Vogliamo dire che è una goccia? Bene, nel mare ci vanno le gocce. Uscendo da quest’immagine, è vero non c’è (ancora) proporzione, ma da una parte bisogna pure iniziare ad invertire la rotta. Che porterà a risultati davvero importanti anche per quel che riguarda la realizzazione di nuovi posti di lavoro».

A cosa si riferisce esattamente?
«Il parco eolico offshore di Taranto è il primo in Italia e nel Mediterraneo e quindi presto saremo un punto di riferimento internazionale, dando vita ad un distretto produttivo in cui collaboreranno enti di ricerca e l’Università. Metteremo a disposizione degli altri la nostra esperienza e le nostre competenze tecniche maturate in questo progetto che, finalmente, ha visto la luce».

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