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Ospedale di Taranto, dietro l’inchiesta un sospetto senza riscontri

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

«Taranto, l’ospedale fu uno scambio»

I pm: «Appalto a Canonico per influenzare le elezioni di Bari». Ma l’accusa è caduta

Giovedì 17 Marzo 2022, 11:00

L’ipotesi investigativa iniziale riguardava uno scambio: l’appalto da 161 milioni per l’ospedale «San Cataldo» di Taranto sarebbe stato il prezzo della «occulta desistenza» di Nicola Canonico alle elezioni comunali di Bari del 2019, quelle vinte con il 66,27% da Antonio Decaro contro Pasquale Dirella, il candidato del centrodestra inventato, appunto, dal costruttore barese Canonico. È questa la genesi dell’indagine che il 4 marzo ha portato alla notifica di un avviso di conclusione indagini nei confronti di Claudio Stefanazzi, capo di gabinetto della Regione, e di Elio Sannicandro, ingegnere, direttore generale dell’Asset (Agenzia per il territorio della Regione) e componente della commissione che ha aggiudicato i lavori.

Come si sia arrivati da un’ipotesi di corruzione a quella, finale, di falso e falso per induzione lo raccontano le oltre 3mila pagine di atti depositati dal pm Michele Ruggero su cui, adesso, gli avvocati stanno preparando le difese. Ma di certo c’è, appunto, il teorema iniziale: quello in base a cui i vertici della Regione si sarebbero impegnati a smontare per vie esterne la candidatura dell’avversario di Decaro. Accontentandone il principale sponsor, ovvero Canonico, con la vittoria dell’appalto per l’ospedale. Un teorema rimasto però indimostrato.

Il primo atto dell’inchiesta è datato 12 agosto 2019, quando i pm Ruggero e Fabio Buquicchio della Direzione distrettuale antimafia (titolare di un fascicolo sulle possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nelle elezioni) trasmettono alla Finanza una articolata delega di indagine. Al documento sono allegati alcuni articoli di giornale (uno è firmato da chi scrive) sull’esito del maxiappalto per l’ospedale. I magistrati chiedono alla Finanza di verificare l’esistenza di «accordi o collusioni» a fronte di presunte «plurime anomalie» nella procedura. L’aggiudicazione provvisoria dell’appalto alla Ati guidata dalla Debar di Bari e di cui fa parte, appunto, anche la Cn di Nicola Canonico - rileva la delega -, è avvenuta «proprio nello stesso periodo (del giugno 2019)» delle elezioni comunali di Bari, in cui i magistrati rilevano la «singolarità di una campagna elettorale praticamente azzerata da parte del candidato sindaco di centrodestra vincitore delle primarie di coalizione (cioè Dirella, ndr) e sostenuto, tra l’altro, dal gruppo politico facente capo al suddetto imprenditore Nicola Canonico». Da qui la richiesta ai militari di verificare l’esistenza di «un nesso causale tra l’intervenuta provvisoria aggiudicazione dell’appalto de quo al Canonico e l’occulta desistenza dello stesso dal sostenere ulteriormente il candidato sindaco di centrodestra al Comune di Bari».

A questa suggestione investigativa i militari rispondono in due diverse informative. Nella prima si sottolinea una coincidenza (Sannicandro dal 2004 è stato assessore con Emiliano sindaco mentre Canonico era consigliere comunale) e insieme una suggestione: una comune candidatura «alle Regionali» nel 2009 nella lista «Semplicemente pugliesi con Emiliano», che però è soltanto la lista presentata per le primarie del Pd di quell’anno. Canonico e Sannicandro non si sono mai candidati insieme. Nella seconda informativa si parla dell’incarico di Sannicandro come coordinatore della redazione del Piano strategico per Taranto.

Un passo indietro. La storia politica di quel tempo racconta che Dirella, fino a pochi mesi prima alleato di Decaro, nella primavera 2019 passò a destra e vinse le primarie di coalizione grazie al supporto di Canonico, a sua volta sostenitore di Emiliano fino a quando il governatore non decide di defenestrarlo dall’Acquedotto Pugliese. Le cronache giornalistiche di quei mesi, peraltro, si interrogarono lungamente sul perché in quella campagna elettorale barese il centrodestra non avesse fatto un solo comizio, una sola iniziativa, nulla di nulla.

Gli approfondimenti sull’appalto, con l’acquisizione delle sentenze amministrative (Tar Lecce e Consiglio di Stato), confermano agli inquirenti la correttezza formale della procedura che i giudici amministrativi hanno alla fine consegnato proprio alla Ati Debar. Ma valorizzando le due informative sui rapporti politici e sul Piano strategico, la Procura conclude che Sannicandro non avrebbe potuto far parte della commissione aggiudicatrice dell’appalto in quanto «incompatibile con quell’incarico» per il «proprio rapporto di conoscenza decennale e di comune militanza politica in favore dell’attuale presidente della Regione Puglia Michele Emiliano con l’operatore economico in gara - poi risultato vincitore - Canonico Nicola». Di conseguenza Stefanazzi non avrebbe potuto e dovuto indicare Sannicandro come commissario anche perché consapevole di quel rapporto.

Fin qui la storia raccontata dagli atti. «Stiamo predisponendo - dice l’avvocato di Sannicandro, Michele Laforgia - una memoria per illustrare l’assoluta inconsistenza di cause di incompatibilità o di astensione. Tutte le procedure si sono svolte con il massimo rigore possibile».

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