TARANTO - Si è chiuso con cinque condanne e sei assoluzioni il processo svoltosi dinanzi al giudice monocratico Fulvia Misserini per l’incidente all’Ilva nel quale il 28 febbraio del 2013 perse la vita Ciro Moccia, operaio addetto alla manutenzione meccanica, e rimase ferito Antonio Liddi, lavoratore della ditta esterna «Emmerre», impegnata nei lavori di ambientalizzazione delle cokerie.
Il pubblico ministero Vittoria Petronella al termine della sua requisitoria aveva candidato a 6 mesi di reclusione l'allora direttore dello stabilimento siderurgico Antonio Lupoli, a 3 anni di reclusione il delegato dell’area cokerie Vito Vitale, il capo esercizio della cokeria Carlo Diego, il caporeparto manutenzione meccanica batterie Marco Gratti, il capoturno delle batterie Gaetano Pierri, il tecnico responsabile dei lavori per conto di Ilva Nunzio Luccarelli, il responsabile delle attività di manutenzione carpenteria delle batterie Martino Aquaro, e poi Davide Mirra, Cosimo Lacarbonara, Vincenzo Procino e Francesco Valdevies che ricoprivano una serie di ruoli nella società affidataria dei lavori nella quale lavorava Antonio Liddi, l’altro operaio coinvolto nell’incidente e salvo perché precipitato sul corpo di Ciro Moccia.
Di diverso avviso è stato il giudice Misserini che l'altra sera, al termine della camera di consiglio, ha condannato a 3 anni di reclusione Davide Mirra, Cosimo Lacarbonara e Francesco Valdevies, infliggendo invece 2 anni e 3 mesi a Vincenzo Procino e Vito Vitale. Assolti perché il fatto non sussiste Carlo Diego, Marco Gratti, Nunzio Lucarelli, Martino Aquaro e Gaetano Carmine Pierri e per non aver commesso il fatto Antonio Lupoli.
Il giudice Valeria Ingenito aveva già condannato a 2 anni 6 mesi di reclusione a Salvatore Zecca, responsabile dei lavori affidati alla Emmerre e unico imputato ad aver scelto il rito abbreviato. Gli imputati dovevano difendersi tutti dall’ipotesi di reato di cooperazione in omicidio colposo. Nel collegio difensivo gli avvocati Pasquale Annicchiarico, Daniele Convertino, Egidio Albanese, Vincenzo Vozza e Gaetano Melucci.
Ciro Moccia perse la vita a fine turno, nei pressi della batteria numero 9 delle cokerie, chiusa perché in rifacimento in osservanza di quanto stabilito dall’Autorizzazione integrata ambientale. A cedere furono alcune lamiere sottili (pochi centimetri di spessore) poggiate dalla ditta incaricata dei lavori di ristrutturazione sulla passerella utilizzata per spostarsi lungo il piano dove avviene il «caricamento» dei forni, cioè l’immissione di carbon fossile. In quel luogo sfila, correndo su un binario, la macchina caricatrice. Moccia non avrebbe potuto né dovuto transitare in quel punto; le lamiere riparano i lavoratori della ditta di ristrutturazione dalla caduta di materiale e polvere. A Moccia sarebbe stato chiesto di effettuare la saldatura di una staffa sganciatasi dal binario sul quale scorre la caricatrice che serve le batterie. Per raggiungere la maledetta staffa, l’operaio di origine campana, da dieci anni circa all’Ilva di Taranto, avrebbe compiuto il passo fatale.
Il giudice Misserini ha trasmesso alla Procura gli atti riguardanti l'ex direttore dello stabilimento Adolfo Buffo per valutarne la posizione.