TARANTO - Una presunta organizzazione criminale di stampo mafioso è stata smantellata dalla Guardia di Finanza di Taranto che ha eseguito 11 misure cautelari (8 in carcere, 1 ai domiciliari e 2 con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) nell’ambito della operazione 'Tabula rasa' in cui sono indagate 46 persone. A vario titolo vengono contestati i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (soprattutto cocaina e hashish), al contrabbando di sigarette, alle estorsioni in danno di piccoli imprenditori locali e all’imposizione di servizi di guardiania, attività portate avanti anche attraverso la detenzione illecita di armi e munizioni.
IMPOSTA GUARDIANIA A CASA CINEMATOGRAFICA - La «forza intimidatrice» della presunta associazione mafiosa capeggiata dai fratelli tarantini Antonio e Cataldo Sambito, secondo gli inquirenti è testimoniata anche dall’aver indotto la casa cinematografica Fandango di Roma a rivolgersi al sodalizio per ottenere il servizio di guardiania a mezzi e attrezzature durante le riprese del film «Il grande spirito» per la regia di Sergio Rubini con attori protagonisti lo stesso Rubini e Rocco Papaleo.
La casa di produzione avrebbe chiesto e ottenuto, «tramite un proprio rappresentante esterno, il contatto telefonico - è detto nell’ordinanza di custodia cautelare - di Sambito Antonio (in quanto riconosciuto essere il referente della criminalità organizzata per il quartiere Tamburi), al quale venivano avanzate tutte le richieste necessarie per la realizzazione del film: guardiania delle attrezzature di proprietà della casa di produzione, messa a disposizione di aree comunali ove effettuare le riprese, aree di parcheggio dei mezzi aziendali, l'interlocuzione con i proprietari e/o amministratori di condomini degli edifici interessati alle riprese televisive».
Il clan, in cambio «sia di denaro che di un controllo monopolistico del reclutamento delle comparse», garantiva «la piena realizzazione di quanto richiesto», tra cui, si aggiunge nell’ordinanza, «la piena acquiescenza dei proprietari degli edifici sui cui lastrici solari dovevano essere svolte le riprese, assicurate anche mediante l’uso della minaccia».
In tal modo veniva assicurata, spiega ancora il gip, «la pacifica interlocuzione con altre famiglie criminali, esponenti di spicco di diversa area territoriale, per le riprese da effettuare in una zona diversa dal quartiere Tamburi; e la perimetrazione (abusiva per non essere stato emesso alcun provvedimento dal parte del comune di Taranto), mediante l’utilizzo di transenne, di ampie aree comunali ove venivano allocati i mezzi della produzione ovvero le attrezzature per l’allestimento del set cinematografico».
LA REPLICA DI FANDANGO - La Fandango, nel corso delle riprese del film «Il Grande Spirito» di Sergio Rubini girato a Taranto, ed in particolare nel quartiere Tamburi «ha operato come sempre nel pieno rispetto della normativa e delle procedure, in assoluta buona fede e ottemperando alle indicazioni delle autorità locali, senza in alcun modo prevaricare diritti di terzi e/o corrispondere a chicchessia illecite dazioni di denaro o altre utilità, né tantomeno cercare o sollecitare contatti con esponenti della criminalità organizzata locale». La società di Domenico Procacci lo precisa rispetto alla notizia dell’operazione «Tabula Rasa» che ha portato agli arresti nel tarantino di numerosi esponenti del clan facente capo a Antonio e Cataldo Sambito, e alle notizie circolate sulla casa di produzione Fandango. «Dalle prime verifiche interne è emerso che, tra le centinaia di persone ingaggiate sul set, due di queste risultano tra coloro che sono stati arrestati nell’ambito dell’operazione citata. Dei rapporti tra queste persone e il clan Sambito apprendiamo solo oggi dalle notizie di stampa. Restiamo a disposizione della autorità giudiziaria per qualunque approfondimento ritenessero necessario».
PROCACCIAVA VOTI Nel 2018 - secondo gli inquirenti - l’organizzazione ha procacciato voti in occasione delle elezioni comunali a Taranto.
All’organizzazione criminale viene attribuito anche il danneggiamento di linee ferroviarie finalizzato a screditare l’operato di una società di vigilanza che aveva ottenuto l’appalto sulla linea ferroviaria Martina Franca-Taranto a discapito della società in cui era impiegato un membro del clan. Nel corso delle indagini è stato accertato che due fratelli tarantini, Antonio e Cataldo Sambito, ritenuti dagli investigatori appartenenti alla 'Sacra Corona Unità, hanno proseguito negli ultimi anni le attività illecite nell’area tarantina unitamente ad altri sodali, «avvalendosi - sottolineano le Fiamme gialle - di una nuova forma di intimidazione, non più predatoria e violenta, ma silente e simbiotica rispetto al contesto sociale di riferimento». La compagine criminale esercitava la propria egemonia soprattutto nel quartiere Tamburi di Taranto e nella frazione di Tramontone. Le ordinanze di custodia sono state emesse dal gip del Tribunale di Lecce, Edoardo D’Ambrosio, su richiesta della Procura distrettuale antimafia.
C'È ANCHE UN EX CONSIGLIERE COMUNALE - C'è anche l’ex consigliere comunale di Taranto Filippo Illiano, candidato (ma non eletto) alle elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale del giugno 2017, tra gli indagati a piede libero dell’inchiesta a carico del presunto clan capeggiato dai fratelli Cataldo e Antonio Sambito, sfociata oggi nell’esecuzione di 11 misure cautelari - notificate dalla Guardia di finanza - firmate dal gip del tribunale di Lecce Edoardo D’Ambrosio su richiesta del pm della Direzione distrettuale antimafia Milto De Nozza. Illiano, accusato in concorso con altri di scambio elettorale politico-mafioso, è tra i 12 indagati per i quali il gip ha respinto la misura cautelare.
Secondo la tesi investigativa, Filippo Illiano, candidato al consiglio comunale nella lista «Taranto nel cuore», a sostegno del candidato sindaco Stefania Baldassari (centrodestra), in vista della competizione elettorale amministrativa del giugno 2017, avrebbe «richiesto e/o accettato la promessa di procurare voti» avanzata dai fratelli Antonio e Cataldo Sambito che "agivano quali capi della propria articolazione mafiosa, in cambio di denaro ovvero di altre utilità». I tre avrebbero stretto «un patto di scambio elettorale politico-mafioso» che prevedeva, a fronte della promessa fatta dai fratelli Sambito «di sostenere Illiano nella campagna elettorale mediante il procacciamento di voti (voti che Illiano sapeva sarebbero stati raccolti anche mediante la pressione esercitata dalla forza di intimidazione dell’associazione)», l’impegno da parte del candidato consigliere comunale, «in caso di successo elettorale, di mettersi a disposizione dell’associazione per trovare posti di lavoro ovvero, in caso di mancata elezione, l’impegno a restituire il denaro speso dall’associazione per remunerare gli aventi diritto al voto contattati dal clan (20 euro per ogni voto accordato)».
Illiano, consigliere comunale uscente, conquistò 764 voti che sarebbero bastati alla sua elezione in caso di vittoria al ballottaggio del candidato sindaco Stefania Baldassari, ma la spuntò Rinaldo Melucci, a capo di una coalizione di centrosinistra.
SINDACO PLAUDE INQUIRENTI - Un «sentito plauso» alla Guardia di finanza e alla magistratura inquirente viene rivolto dall’amministrazione comunale di Taranto, attraverso il sindaco Rinaldo Melucci, per «la brillante operazione» che ha consentito di smantellare una presunta associazione mafiosa operante nel quartieri Tamburi e nella borgata di Tramontone.
«Un plauso - spiega una nota di Palazzo di città - cui si aggiunge anche gratitudine, perché ogni attività investigativa capace di togliere terreno al malaffare è un passo in avanti che la città compie verso una transizione che non è solo economica, ma anche sociale. Questo risultato, insieme a tutti quelli raggiunti quotidianamente dalle altre forze dell’ordine, è - conclude il sindaco - uno stimolo a mantenere sempre alta la guardia sul tema della legalità, patrimonio prezioso e imprescindibile per ogni comunità civile».
















