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Giacomo Rizzo
15 Novembre 2019
«Io non ho paura di dire che è un infanticidio. Sono 25 anni che vedo i bambini ammalarsi». La pediatra Grazia Parisi, presente l’altro ieri al sit-in di cittadini e associazioni davanti alla portineria D dello stabilimento siderurgico e ieri al presidio dinanzi alla Prefettura, ha detto che «questa è una tragedia che si abbatte sulla testa delle persone ma sopratutto sulla testa dei bambini. I tumori sono numeri, sono cifre di cui abbiamo la percezione dalla carte, dagli studi epidemiologici. Ma io voglio parlare della realtà quotidiana che è tragica. Io curo bambini che hanno la tosse per 365 giorni l’anno. Non credo che sia giusto per un bambino vivere con la tosse, andare a scuola con la tosse, dormire con la tosse tutti i giorni dell’anno».
La pediatra ritiene che non sia giusto «per un bambino avere l’asma a un mese di vita, non credo che sia giusto per un bambino il divieto di giocare nei parchi del rione, non credo che sia giusto per un bambino avere il divieto di andare a scuola, non credo che sia giusto per un bambino dormire con il rumore costante di tutte le colate e di tutto ciò che è deflagrante del ciclo produttivo di questo mostro. Quei bambini che vivono a ridosso della fabbrica non possono dormire con le finestre aperte e anche con le finestre chiuse risentono dei rumori. Quindi ci sono dei bambini che il giorno dopo hanno una vita disturbata, una vita alterata».
Secondo Grazia Parisi, «ognuno, a modo suo, porta avanti questa battaglia difficile. Questo non è un punto di arrivo ma di partenza. Abbraccio gli operai uno a uno, insieme a me i bambini e i genitori di Taranto. Si parte per un percorso comune che porti all’unico obiettivo possibile: la chiusura delle fonti inquinanti. Lo chiediamo a nome dei bambini di Taranto che hanno diritto alla salute a una vita normale come in tutti gli altri posti del mondo».
«Siamo stanchi - ha aggiunto un’altra cittadina - di sentir parlare di punti di Pil, di export. Vogliamo sentir parlare dei problemi veri che sono più importanti, a partire dalla salute. La bomba sociale qui ce l’abbiamo da un sacco di tempo e anche la bomba sanitaria con la perdita dei nostri cari, dei nostri figli. Deve cambiare la narrazione - ha insistito - a livello nazionale. Questa fabbrica non è compatibile con la città. I cittadini hanno già pagato un prezzo altissimo. Ora basta».
Ieri, invece, si è svolto un sit-in davanti alla Prefettura delle associazioni che fanno riferimento a Piano Taranto. Gli ambientalisti chiedono «con forza un accordo di programma che preveda la chiusura di ogni fonte inquinante, il successivo smantellamento e la bonifica e decontaminazione del sito su cui insiste il siderurgico. Saranno gli operai diretti ed indiretti che, opportunamente formati, dovranno svolgere queste opere».
Valentina Occhinegro di Giustizia per Taranto ha spiegato che «il Piano Taranto si propone di salvare la città, nel senso che abbiamo capito che Mittal o se ne andrà subito o se ne andrà tra sei mesi. Prima o poi andrà via. E ovunque è stato ha portato solo distruzione. I cittadini da tanto tempo si sono riuniti per proporre un Piano B, un piano di salvezza per la città, che ha il più alto tasso di disoccupazione della Puglia. Non è una città fiorente. L’llva ha portato solo morte e distruzione. Abbiamo anche capito che dei nostri malati, dei nostri morti, non interessa a nessuno. È importante far capire all’Italia intera che l’Ilva è un sistema antieconomico».
Davide Panico del Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi Pensanti ha denunciato l’isolamento della città, «dimenticata dallo Stato oramai da tempo. Siamo arrivati a un punto di non ritorno. E noi continueremo a insistere, continueremo a diffondere quello che abbiamo studiato da cittadini e da libere associazioni e che è stato sposato ultimamente da un sindacato (Usb, ndr). La ritengo una notizia importantissima, una vittoria fondamentale. Dal 2012 noi operai diciamo che questi impianti ci cadono addosso facendo emergere la difficoltà di chi ancora oggi vive lì dentro e vorremmo che si svegliassero anche loro e che si riuscisse a capire, una volta per tutte, che quello stabilimento va chiuso. Gli impianti vanno smantellati, le aree decontaminate e restituite al territorio. Abbiamo consegnato il piano Taranto qualche giorno fa al premier Conte. Non ci fermeremo e proseguiremo su questa strada».
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