ArcelorMittal non può trincerarsi sotto l’ombrello dell’immunità penale. Per il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, intervenuto ieri alla trasmissione televisiva di Rai3 «Vertenza Italia», «né la tutela legale né tanto meno l’immunità sono parti del contratto sottoscritto tra Mise e Mittal. Non è un elemento contrattuale che di fatto determina una rescissione automatica del contratto».
Il ministro ha poi affermato che in materia di tutela legale «già le disposizioni normative esistenti dicono questo. La tutela sul piano ambientale è proprio questa: se devi fare un plinto per realizzare la copertura dei parchi minerari non devono arrestarti in flagranza di reato perché lo stai facendo. Ma questo secondo noi esiste già nella normativa italiana non serviva la norma primaria» chiesta da Mittal. «Il ministro Di Maio - ha spiegato Patuanelli - ha individuato assieme a Mittal la formula che è stata inserita nel decreto crisi dopodiché il Parlamento farà le sue scelte. Io non credo che sarà elemento per giustificare una dipartita di Mittal».
Delle vicende dell’ex Ilva è tornato a parlare anche il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, sostenendo che se la multinazionale franco-indiana «dovesse cominciare questa processo evolutivo dal punto di vista tecnologico dovrebbe farlo in tutte le acciaierie europee di cui dispone. Invece ArcelorMittal è un gigante prigioniero di se stesso». La battaglia «per la salute dei cittadini pugliesi - ha concluso il governatore - sarà dura perché per tutti questi giganti del carbone, dei rifiuti, del gas, costa troppo produrre o costa troppo ottenere determinati risultati economici».
Intanto, un gruppo di cittadini di Taranto ha promosso un nuovo ricorso contro l'Italia alla Corte europea per i diritti dell’uomo (Cedu) di Strasburgo in merito agli effetti delle emissioni dello stabilimento siderurgico. La prima firmataria è l’ex consigliere comunale Lina Ambrogi Melle. «Riteniamo – spiega alla Gazzetta - che le leggi salva-Ilva, che permettono la produzione con impianti pericolosi, non a norma e sotto sequestro penale, siano fortemente lesive dei nostri diritti all’accesso alla giustizia, alla salute e al godimento della vita privata e familiare».
Il ricorso è stato presentato tramite gli avvocati dello studio legale internazionale Saccucci di Roma. «Il governo – osserva Ambrogi Melle - è chiamato a fornire una risposta circa la violazione del diritto alla vita (art. 2 Cedu), del diritto al godimento della vita privata e familiare (art. 3) e del diritto a un ricorso effettivo (art. 13)». L’istanza è stata depositata dai cittadini che già avevano presentato un primo ricorso culminato il 24 gennaio scorso con la condanna dello Stato italiano per la violazione di due articoli della Convenzione. «Ma nei mesi successivi - attacca l’ex consigliera - abbiamo assistito sia alla continuazione dei fenomeni di emissioni massicce, anomale e non convogliate provenienti dal siderurgico sia alla riscrittura da parte del Governo italiano di provvedimenti legislativi con cui hanno dapprima eliminato e subito dopo ripristinato l’immunità ai gestori dello stabilimento siderurgico».