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Bungaro in concerto a Taranto: «Il mare ha dentro canzoni ispirate alle donne»

 
Alessandro Salvatore

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Alessandro Salvatore

Bungaro in concerto a Taranto: «Il mare ha dentro canzoni ispirate alle donne»

Lo show al Castello Aragonese: ospite speciale Ornella Vanoni

Venerdì 26 Luglio 2019, 11:05

Bungaro, lei ha il “Maredentro” come dalla citazione del suo ottavo album: che significato ha stasera cantare nella città che ha due mari?
«In questo ultimo lavoro discografico c’è la mia terra. Io nasco sul porto di Brindisi, ho un rapporto viscerale col mare. Rapportandolo a Taranto già mi emoziono. Ci ritorno un anno dopo la performance sul tramonto al Locomotive Jazz Festival. Porto in dote venticinque anni di carriera, racchiusi in modo non nostalgico ma presente in questo album che, come evidenzia il sottotitolo, è “Il viaggio” del mio esistere. Tale è un percorso di canzoni che mi chiedevano di tornare a pulsare ed allora io le ho ascoltate… Il progetto è empatico, con produzioni riviste con percussioni, vibrafono e contrabbasso. Sono felice perché mi esibirò in una location suadente come il Castello Aragonese. Lì, ad un passo c’è la Città Vecchia vissuta da ragazzo, quando masticavo una veracità bellissima. Un tratto del mio Salento, che io omaggio nel disco con una versione tipica de L’ombelico del mondo, tramutato ne Lu viddicu di lu mundu».

Nel live la sua musica torna a sposarsi col mondo di Ornella Vanoni dopo Sanremo 2018 ed un omaggio a Jobim, che valore ha questa integrazione canora che battezza a Taranto, seguita dalle tappe di Cagliari (31 luglio) e Reggio Calabria (29 agosto)?
«Questo è un concerto topico, perché mi fonderò con una cantante immensa. Assieme viviamo emozioni, da donare al pubblico. Quello di Taranto è esigente e colto. Sarà una prova stimolante».

Vanoni è una delle sue muse ispiratrici in un harem artistico che oscilla dall’antologica Fiorella Mannoia alla brasiliana Paula Morelembaum, dalla folker irlandese Kay McCarthy all’attrice Paola Cortellesi: perché tante donne, a partire da sua mamma che lei porta nel nome d’arte (Antonio Calò in Bungaro) e quale, dica sinceramente, l'ha reso più creativo con la canzone ideale?
«Ho avuto una fortuna, o alchimia: disporre di voci pensanti, prima che di artiste. Penso a Mannoia, Vanoni, Miùcha Buarque de Holanda. Donne simili a me, ispiranti per chi, come il sottoscritto, si ritiene un artigiano della canzone. Credo che il coraggio delle donne sia patrimonio dell’umanità. Questa mia devozione al mondo femminile la scolpisco, ovunque vado, da Brindisi a Londra, attraverso il tributo a La Donna Riccia di Modugno. Gioco con questo pezzo dialettale, arrivando a dire che la fimmina rispetto a nu masculo stasce ‘nnanze di vent’anni... ».

“Viverci di fretta” cantava al suo debutto della carriera sul palco di Sanremo a 24 anni ricevendo il premio della critica, dove torna da solista nel 2004 a 40 anni mostrandosi più razionale con “Guardastelle” da cui dice di “calcolare le distanze e conoscere la costellazione”, sino al grande ritorno assieme a Pacifico e Vanoni con l'intensa e veritiera “Imparare ad amarsi” che è quinta quando lei ha 54 anni. Bungaro, si ritrova in questa evoluzione cantautoriale segnata dalle puntate al Festival?
«Se mi rivedo in quel mio debutto assoluto che combaciava con la salita sull’Ariston, c’è un pazzo incosciente che ascoltava i Talking Heads. Sarà forte, scritta col conterraneo Pino Romanelli, finì fuori classifica nelle Nuove Proposte, ma vinse il premio della critica. Da allora la mia carriera si è evoluta proprio al ritmo dell’esperienza sanremese. Accanto a le tappe da lei citate rendo ideale il mio percorso con altri due momenti cruciali: la scommessa di portare alla kermesse della canzone italiana, nel 2011, Giusy Ferreri col brano Il mare immenso scritto da me e mio fratello Max Calò (produttore di star come Patti Smith e Youssou N’ Dour), sino ad arrivare ai Perfetti sconosciuti per il cinema».

Il grande schermo vede per la sua musica l’apprezzamento del maestro francese Patrice Leconte e la firma di colonne sonore premiate come, appunto, “Perfetti sconosciuti” (cantata da Mannoia, autrice con lei e Cesare Chiodo) col Ciak d'Oro e il Nastro d'Argento, e la candidatura ai David, assieme a “In Viaggio” nella pellicola di Walter Veltroni “I Bambini sanno”: la realtà racchiusa nel cinema è la stessa che la ispira per i testi?
«Credo che il cinema sia l’apice espressivo dell’arte, capace di far toccare la vita sulla pellicola, come dimostra l’immenso Leconte e la sua Ragazza sul ponte. Da quei Perfetti sconosciuti è nato Maredentro. Per questo il cinema ha un ruolo fondamentale nella mia vita. Vita che ispira l’arte, che sia recitata o cantata».

Ritornando all’incipit della carriera, lei sarebbe meno paroliere per le altre cantanti e più Bungaro interprete di se stesso?
«Rifarei tutto, con gli stessi limiti… ed immensi. Che siano brani da me interpretati o da altri, ci sono sempre io dentro questo mare trasparente che è la musica. Il fatto è che io amo condividerla questa arte. Collaboro insieme ad altri con cui navigano le idee. Penso agli ultimi legami con giovani autori. Un esempio è la napoletana Rakele, portata a Sanremo grazie alla mia produzione di Io non lo so cos’è l’amore. Voce suadente la sua. Voce capace di catturare al femminile, come lo sguardo ipnotico delle gemelle Angela e Marianna Fontana, talenti del cinema, che interpretano il video-clip del mio pezzo Le previsioni della mia felicità. Il brano l’ho scritto per la coscienza, che è la parte più vera e fragile che ognuno di noi ha».

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